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Ricordi e Gocce di Pioggia

by Clessidra@quipo.it


Ricordi e Gocce di Pioggia ---------------------------

No, Andrej, in questo momento non ho nessuno col quale "vivere" il tempo libero la sera o la domenica. I soliti amici del bar, pochissimi: tre-quattro, quelli del biliardo, coi quali esco regolarmente. Ragazzi molto in gamba, tutti donnaioli, non credo sappiano di me e se sanno tacciono intelligentemente, fanno finta di nulla: li considero amici con la "A" maiuscola.

Oggi sono stato con loro tutto il pomeriggio: ci raccontiamo le nostre vacanze, qualche estemporanea storiella di sesso, i nostri viaggi, dove vorremmo andare l'anno prossimo, quello che ci investe giorno dopo giorno in campo lavorativo. Nessuno di loro ê "scoglionato" per una ragione o per l'altra.. bei tipi veramente! Per dirla in breve, sanno vivere.

Per me Andrej, due anni fa ê finita una bellissima storia di affetto e di sesso - la mia prima storia in assoluto - con un un mio coetaneo. Lui aveva un anno meno di me, era un frequentatore, come me, della palestra rionale. Da un paio d'anni ci vedevamo quasi regolarmente la sera a fare ginnastica, si era fatta conoscenza, eravamo diventati amici. Qualche volta ci si fermava insieme a bere qualcosa al bar dell'angolo o a prendere un gelato alla gelateria di fronte.

A volte si faceva una corsa in motorino per i vicoli, sino a Campo de' Fiori, o ce ne restavamo seduti in panchina a chiacchierare di palestra e di sport nei pressi di Villa Giulia, dove lui abitava. Parlavamo di scuola, di cosa avremmo fatto dopo la laurea, delle difficoltà a trovare un ambiente di lavoro che ci piacesse... Qualche volta anche confidenze intime: di una ragazza che gli piaceva moltissimo perché aveva i capelli lunghi, bruna con gli occhi chiarissimi, quasi trasparenti, una voce dolcissima, raffinata nelle movenze e un carattere non asfissiante come tante altre che aveva conosciuto... e che baciava come una Dea. La incontrava spesso di pomeriggio, ci faceva l'amore ogni tanto, mi diceva.

Per il compleanno di quell'anno, i suoi genitori gli avevano comprato l'ultimo modello della Golf: ne era entusiasta e fui io il primo col quale fece un giretto fuori città; arrivammo sino al mare.

"Ci vieni con me, Silvano, a fare una corsetta sulla Cristoforo Colombo? Voglio provare la febbre, su questa bestia!" Lungo il rettilineo, lasciandoci alle spalle il Palazzetto dello Sport, chiese qualche prestazione di velocità alla sua auto nuova fiammante e il sole del tramonto rendeva ancora piû emozionante la corsa... pareva dovessimo corrergli in bocca, a quel sole basso.

Passammo una bellissima estate insieme; quando uscivamo spesso mi veniva a prendere. Gli piaceva la guida e sapeva guidare bene e con prudenza.

L'altra sua macchina cominciava ad avere qualche problemino meccanico e i suoi genitori lo avevano reso felice col nuovo acquisto. Io possedevo un modello di un paio d'anni piû vecchio, ma mai una sola volta ho notato antagonismo in questo campo. No, lui non era il tipo per queste cose.

A nord del Lido di Ostia, poco lontano dal Tevere, c'era la nostra spiaggia preferita: non affollata, non invasa dal turismo di massa, tranquilla, con pochissime istallazioni balneari, quasi una spiaggia libera; pochi ombrelloni e qualche sdraio, frequentata in prevalenza da gente che voleva bagnarsi e prendere il sole con una minima spesa. Molte ragazze e molti ragazzi... Sul lato sud aveva preso posto il popolo gay, tranquillo e discreto.

Ricordo un invaso pieno di un tipo particolare di rovi senza spine al cui interno, passo dopo passo, centinaia di persone avevano foggiato un labirinto di corridoi frondosi. Dall'esterno, talmente questi rovi erano fitti, non si vedeva nulla e nessuno: una distesa di verde che livellava, rasentandolo, il terreno esterno. A vederlo da fuori sembrava un grande tappeto, una macchia verde al livello della sabbia tra bassissime dune.

Si scendeva lungo uno scivolo; il tetto era alto a sufficienza per camminarci in posizione eretta. Esistevano "nicchie" per entrare nelle quali era necessario chinarsi, ma non era grave: in quegli "spazi protetti" ci si accomodava sdraiati sulla sabbia tra radici scalzate da bruschi movimenti.

Quel labirinto, illuminato a fatica dal sole che entrava tra i fitti intrichi del tetto, era una cosa che non dimenticherô mai... mi ricorda un Gianluca che non ero riuscito a scoprire fino ad allora.

Oggi non esiste piû quel posto, le odierne strutture turistico-balneari hanno cancellato quell'angolo unico, pittoresco... e di perdizione. A lui non piaceva giocare a biliardo e quelle sere in cui io restavo coi miei amici di gioco lui le trascorreva con la sua ragazza.

Ci volevamo bene, il reciproco rispetto era assoluto e quando in uno di noi due qualcosa non andava, per qualche motivo esterno, appena avevamo cinque minuti per restare soli a chiacchierare ci si confidava a vicenda... e ascoltarlo, a volte, mi affascinava. Sviscerava la problematica e illustrava i modi diversi per poterla risolvere. A questo punto chiedeva il mio aiuto, un mio suggerimento o un mio giudizio. Avevo l'impressione che la mia risposta fosse inappellabile perché da quel momento considerava l'argomento chiuso. Valutava "il mio parere" sempre in silenzio.

Una sera di due anni fa, squillô il telefonino ad un ora insolita: generalmente dopo le 22 non ricevevo chiamate di nessun genere. Ero a Gaeta, ospite di una zia paterna, stavamo parlando del matrimonio imminente di mia cugina, la sua unica figlia, della casa nuova appena arredata, dei preparativi per la cerimonia. Lei la voleva tradizionale, con tanti inviati, vestita di bianco col lungo velo a strascico... forse anche il suo uomo voleva sposarsi in quel modo.

Era la mamma di Gianluca... mi si fermô il battito del cuore... lei telefonarmi, a quell'ora! Perché?

Suo figlio, il mio grande Amico, aveva avuto nel primo pomeriggio di due giorni prima un grave incidente stradale, era al policlinico... era stato subito sottoposto ad una serie di interventi chirurgici... aveva chiesto di me. Lasciai la casa di mia zia leggermente sconvolto, accompagnato da mille raccomandazioni di non correre in macchina. Mia zia non poté aggiungere altro, non gliene diedi il tempo: riferii brevemente cos'era successo e il motivo per il quale dovevo rientrare subito a Roma.

Le luci sulla mia destra illuminavano Frosinone, la lingua d'asfalto veniva divorata ai 110 all'ora sotto una pioggia insistente... mi batteva forte il cuore... pensavo a lui, a cosa e come poteva essere successo... lui cosî prudente, alla guida da quasi dieci anni... Mah, non vedevo l'ora di sapere di piû. I suoi genitori e lo zio, erano già lî, in attesa da chissà quanto. La notte era inoltrata, aspettavano si svegliasse dall'ultimo intervento, ansiosi. Lo zio mi raccontô la dinamica dell'incidente: una colpevole distrazione da parte dell'autista dell'autotreno investitore.

Entrarono nella sua stanza un'ora dopo il mio arrivo. Li lasciai entrare da soli e restai ad aspettare la loro uscita, il mio turno.

Davanti all'enorme vetrata la pioggia batteva forte sui vetri disegnando figure strane. Ero lî con le mani in tasca, cercavo di guardare fuori, nella notte... non vedevo nulla. Sotto, nel parco, un gran buio pesto... Nel silenzio di quel corridoio soltanto la pioggia sui vetri suscitava un suono e la mia mente fu, in quei lunghi minuti, pervasa dai mille bellissimi ricordi di lui...

Vedevo i suoi occhi scuri guardarmi pieni di curiosità e un pizzico di malizia, quando la prima volta infilô la mano sotto l'elastico dei miei slip... ricordo che gli vidi chiudere gli occhi... forse dalla vergogna o forse per riuscire a stimare meglio quello che sentiva sotto le dita della mano...

Ricordo il rossore apparso sulle sue gote e il socchiudersi delle carnose labbra... il dorso della sua mano sollevare l'indumento e ribaltarlo verso il basso... Ricordo che serrai le gambe per aiutarlo a farlo scendere piû facilmente e poi ricordo quel bacio al bordo delle sue labbra: un gesto di tenerezza che voleva incoraggiarlo a riaprire quei bellissimi occhi scuri.

Quel giorno a casa sua, padrone perché i genitori erano andati al mare, sotto la doccia insieme, accaldati per l'afoso pomeriggio, abbracciati, eccitatissimi, coi nostri membri che pressavano il ventre... stretti l'un all'altro, piacevolmente soddisfatti nel sentire reciproco turgore...

Ricordo quei baci sotto l'acqua scrosciante che a volte ci riempiva la bocca e suscitava qualche colpo di tosse... le dita delle sue mani, forti come le mie, serrate alle mie natiche, che mi tiravano a lui. Poi mollava la presa e con la mano passava il suo cazzo tra le mie cosce, la stretta diventava ancora piû forte: voleva sentirlo, stretto tra i nostri ventri, muovendosi un po'... era piacevolissimo... restavamo cosî per lunghi minuti.

Ma adesso sono lî in quel silenzioso corridoio, solo, e sono assalito da tanti bellissimi ricordi. Le dita della mia mano passano lente sulla mia fronte quasi a voler spiegare rughe non ancora presenti, gli occhi chiusi...

Sento lontano un leggero rumore di passi: forse qualche infermiere... ascolto il rumore della pioggia: pare voglia parlarmi, ma non capisco cosa voglia dirmi...

Ricordo di lui il primo vero bacio, appassionato... dato subito dopo avermi detto: "Silvano, mi piaci, ti voglio tanto bene... non dirmi di no..."

Velletri: quella domenica pomeriggio, eccitatissimi entrambi, ci limitammo a sfregarcelo uno contro l'altro, dentro i calzoni: fu piacevolissimo, era la prima volta che avevamo un contatto, che sentivamo la forza del nostro reciproco desiderio.

Quella volta ci eravamo dichiarati l'un l'altro, non come la volta nei budelli sotterranei delle catacombe di San Callisto, quando per cercare uno spazio per un po' di intimità quasi ci perdevamo: spaventati per il pericolo corso, ci sfuggî l'occasione per farlo. Fu molto bello comunque: appoggiati a quella parete di tufo, un abbraccio molto stretto, due appassionati e lunghi baci, le nostre mani in quel posto, su quei rigonfi pulsanti di piacere e di desiderio, le zip calate nervosamente, le mani intrufolate dentro la patta, le dita sotto l'elastico laterale degli slip...

Ricordo che il suo cazzo si liberô per primo... turgido, leggermente sudato... pronto per essere delicatamente menato. Ma io venni per primo e lui mi bagnô i calzoni... e nel momento piû bello sentii l'affondo delle sue dita nel mio fianco.

Sui gradini di Trinità de' Monti, alcuni mesi prima, in calzoncini corti: "...Silvano, non porti gli slip, tu?!"

Ma pensa te dov'era andato a guardare! Sî, quella sera non li avevo indossati, mi piace ogni tanto sentirmelo scivolare da una parte all'altra... gli sorrisi e gli risposi con un gesto del capo.

"Ma non senti che caldo..." mi giustificai poco dopo.

Mi piacevano queste sue attenzioni, queste sue curiosità, ma ero lontano dal capire che dentro di lui era nato qualcosa di diverso, qualcosa che lo avvicinava molto a me; ma non avevo mai sospettato prima della sera del bagno notturno al mare che lui avesse attenzioni particolari per me.

Stando a riposo su una sola gamba, con lo sguardo fisso attraverso quel vetro lavato dalla pioggia, rivedo quel nostro primo rapporto fisico come se lo stessi rivivendo una seconda volta...

Il rumore di una porta aperta mi distoglie dai miei pensieri.... no, sono solo due infermieri che trascinano il carretto della biancheria...

La luna quasi piena, quella sera, come una discreta ruffiana ci osservava dall'alto di un cielo completamente nero... Poche le stelle e tutte a settentrione. Avevamo pensato di fare il bagno nudi lasciando gli slip ai piedi di un paletto porta cestino per i rifiuti. Corse in acqua per primo; io mi fermai a fare la pipî, poi lo raggiunsi e con forti bracciate ci allontanammo un po' dalla riva. Pochissime luci punteggiavano la terraferma. Virô per primo attorno ad una immaginaria boa e io lo seguii per tornare a riva. Non avevamo nulla per asciugarci e lui cominciô a scrollarsi come fanno i cani appena usciti dall'acqua.

Mi misi a ridere e gli gridai: "Abbaia!"

"Sî, sî, tra un po' lo faccio per il freddo..."

Mi avvicinai: "Sai che hai un bel culo, la luna lo illumina proprio bene..."

"Non hai visto il resto!" sghignazzô e si girô divaricando le gambe.

Vidi una pronunciata erezione: "Grande come il mio - replicai - anzi, fammi vedere... dai, avvicinati...."

Non si mosse. Lo feci io. Due passi, sufficienti a rimirarlo per intero: bello, mi piaceva... Di lui mi piaceva la voce, i modi di fare, il suo ridere, l'esposizione dei suoi pensieri e, adesso, anche del suo corpo.

Mi avvicinai ancora. Un metro e ottanta, 72 chili, pettorali sviluppati dagli esercizi ginnici, spalle robuste e braccia forti, grandi mani con dita che sembravano tenaglie, graziosamente villoso sul petto quando stava un po' senza rasarselo, pettorali magnifici che facevano dall'alto bella cornice sul resto, addominali emergenti da una ventre piatto e sodo, non un filo di grasso.

Fianchi bellissimi e gambe perfettamente modellate; parevano due colonne corinzie, muscolose ma non esageratamente. Un triangolo di peli scuri coronava l'area pubica, dalla quale svettava un membro diritto e perfetto nelle forme... due testicoli non troppo grossi penzolavano in una graziosa visione d'insieme.

Quante volte mi ero soffermato ad osservarlo, non visto, mentre in palestra si spogliava nudo per indossare quei calzoncini blu scuro e spesso gli slip permettevano di vedere quel ricco pacco celato lî sotto...

"Posso?" chiesi, e passai le dita della mia mano sotto il membro ancora morbido, lo sollevai quel tanto da portarlo perfettamente orizzontale, accostai le dita dell'altra mano e spostai la prima: "... 10 dita: 18 centimetri!"

"19, prego! - replicô - e tutti di piacere, dice Stefania."

"Come il mio allora!"

"Forse tu ne hai un centimetro in piû, ma io ne ho abbastanza di questi..." e si prese il glande con le punte delle dita, sollevandolo. Stava lî a gambe leggermente divaricate, ritrasse la mano e notai che il suo cazzo restava orizzontale... ora era eccitato.

Allungai una mano, glielo presi e cominciai a masturbarlo lieve...

L'eccitazione aumentava ad ogni colpo e in breve lo sentii turgido nel mio pugno. Aveva girato la testa verso il mare e sentivo solo il fruscio dell'aria sortigli dalle narici... "... che facciamo Gianluca?"

Non rispose.

"... ti dispiace?" gli chiesi.

"... no, mi piace, - replicô - ... mi piace soprattutto perché mi piaci tu!" e allungô la sua mano per prendere il mio.

Lo strinse e cominciô a menarmelo anche lui... quasi un gioco, un po' per ciascuno... Forti abbracci interrompevano piû volte quel piacere e le labbra parlavano il linguaggio del cuore. Le lingue ardite frugavano in bocche che bramavano piacere e nuove sensazioni.

Mi prese la testa tra le mani, mi guardô a lungo negli occhi e in silenzio fece correre le sue mani lungo la mia schiena... scese giû, in ginocchio sulla sabbia...

Lo tirai su passandogli le mani sotto le ascelle. Si sciolse dalla mia presa e ridiscese giû, sfiorando la punta della lingua sullo sterno, scendendo piû giû, si soffermô a titillare l'ombellico, poi deciso scese completamente.

Sentii la punta del suo naso scivolare tra i peli del mio pube, il suo mento premere contro il mio inguine... girô il capo e con quel movimento fece scivolare le labbra leggermente aperte lungo l'asta sino a raggiungere la punta... si ritrasse un po', poggiô le labbra sul glande e le aprî lentamente... gliele strinse attorno aprendole e socchiudendole come boccheggia un pesce fuor d'acqua...

Era piacevolissimo...

Sentivo il piacere pervadermi tutto e irrigidii le gambe. Con le sue braccia mi aveva cinto i fianchi, le mani raccolte e chiuse poco sopra le mie natiche. Godevo della sua bravura e passandogli le dita tra i capelli, poi serrandole dietro la sua nuca, gli testimoniavo attimo dopo attimo il piacere che mi procurava. "No Gianluca, basta cosî... sto per venire!"

Le mie dita inseguono le gocce dell'acqua che raggruppandosi scendono ancor piû veloci sino al gocciolatoio di base: un gioco impossibile, sono piû veloci di me, veloci come i ricordi che si susseguono, uno dopo l'altro, in questa mia mente stanca per il giorno trascorso, per la corsa in macchina, per l'estenuante attesa del mio turno...

Il tempo non passa mai, i minuti sembrano tanti granelli di sabbia che cadono in basso in una immaginaria clessidra... mi torna in mente il soprannome che mi aveva affibbiato. "...agli appuntamenti tu, Silvano, sei preciso come una clessidra...nella quale non si leggono neppure le ore, eh,eh,eh...non sei mai puntuale!"

Guardo in su e un piccolo ragno, in un angolo, sta tessendo la sua tela... poverino, quando se ne accorgeranno distruggeranno lui e la sua casa... Gianluca, grave, su un lettino d'ospedale... il mio migliore Amico, colui al quale avevo aperto la parte gay del mio cuore, mi ha cercato... ha cercato di me... Quanto gli voglio bene, adesso piû che mai!

Quanto ê stato bello la prima volta quando, girandosi sul fianco, ha compresso la sua schiena contro il mio petto, passando il suo braccio destro sopra il mio fianco tirandomi a se con la mano... Quanta tenerezza in quel gesto! Quanto desiderio riuscî a sprigionare nella mia fantasia.

Quando mi ritrassi quel tanto che bastava per poggiare il mio glande contro il suo sfintere, lo sentii farsi indietro e spingerselo dentro... piano, alzando un po' la gamba destra per farmi posto, per rendere il gesto piû agevole... Lo sentivo entrare in lui dolcemente, farsi largo ad ogni piccolo movimento... brevi soste... Sentivo il suo respiro farsi piû lento, rumoroso... respirava a bocca aperta, pareva ansimasse.... l'aria entrava veloce facendogli sfuggire un suono strozzato.

Lo strinsi forte spostando in avanti il bacino... soffocô un grido... Non volevo fargli male: mi ritrassi ma fu lui dopo poco a spingersi nuovamente contro di me.

Ci fermammo. Gli girai leggermente il capo, mi sporsi fino a quando potei raggiungere le sue labbra con le mie, le mordicchiai sui bordi...

A quel bacio un po' scomodo lui si strinse ancora di piû a me e sentii entrare completamente il mio pene dentro di lui... Lo fece deciso, con forza... e non riuscî a soffocare quel grido che io imprigionai dentro la mia bocca. Sentivo la testa scoppiarmi. Rimanemmo fermi per goderci quegli attimi.

"Usa dolcezza Silvano... ê la prima volta!"

Non aveva bisogno di dirmelo. Cominciai a muovermi lentamente, movimenti molto brevi; poi qualcuno piû lungo, e lo sentii irrigidirsi. Mi fermai... ripresi... mi fermai nuovamente, prolungando le soste. Sentivo le sue dita corrermi lungo la schiena, sui fianchi in carezze lascive, di piacere. La mia mente era infuocata dal desiderio e dal piacere che lui fosse mio, completamente, ed io suo... e non mi accorsi che avevo ripreso un ritmo sostenuto.

"Mi fai male Silvano... va' adagio..."

"Perdonami Gianluca....non volevo... mi piace, mi piaci tanto... mi sono lasciato prendere dal piacere..."

Mi ritrassi, lo feci uscire completamente: bastava cosî. Sentii un suo lungo respiro, quasi di sollievo. Lo rigirai, lo tirai su di me; era eccitassimo anche lui. Lo baciai a lungo e le nostre lingue serpeggiavano dentro le nostre bocche; i suoi occhi erano chiusi; mi guardava con l'anima, mi disse dopo. Restammo cosî a lungo, godendo delle nostre erezioni, del contatto della nostra pelle, dei nostri baci, del nostro...

Sento la porta del camerino aprirsi...

... del nostro volerci bene...

... sono i suoi genitori che stanno uscendo.

"La sua ragazza sa di Gianluca?" chiedo.

Nessuno risponde. Lo zio, smettendo di mordicchiarsi l'unghia del pollice della mano chiusa a pugno, l'apre e fa scattare le dita verso l'alto. Capisco, a quel gesto, che nessuno ne sa niente. Entro, ê sveglio, guardo l'orologio a metà corridoio: le 4 e mezza.

"Cazzo hai fatto?" gli chiedo, e con la mano sinistra mi assicuro che la porta sia chiusa.

Si mette a piangere, in silenzio, i suoi occhi immobili in uno sguardo fisso sui miei. Vedo le lacrime scendergli lungo le gote... quelle gote che avevo carezzato a lungo e baciato intensamente. Le lacrime stanno disegnando un solco che riluce alla luce fredda del neon fissato al muro sopra letto...

"Dimmi Gianluca, cos'ê successo? Come ê successo?"

"Ho distrutto la macchina... ho distrutto me stesso..."

"Cazzo dici?... distrutto te stesso! Ma dai... non esagerare adesso... ti rifarai! Per la macchina non ci pensare... ne vendono altre. Pensa a te adesso..."

Si rimette a piangere e stavolta sento singulti di un dolore interiore che non riesce a trattenere. Gira il capo verso il muro e chiude gli occhi. Non lo avevo mai visto cosî, non avrei mai voluto vederlo cosî... il mio Amico, il mio "complice sessuale", straziato da un dolore che non riesco a quantificare. No, non lo sopporto, non restando con le mani in mano.

Mi avvicino ancora di piû e gli do un bacio in fronte. Mi stacco da lui e gli chiedo di aprire gli occhi: voglio vedere la luce del suo sguardo. Li apre e mi chino ancora posando le mie labbra sulle sue ancora chiuse; le tocco con la punta della lingua, le incollo alle sue in un bacio lungo, appassionato. Mi sollevo un attimo per guardarlo: desidero tanto leggere in quello sguardo un minimo di piacere, un qualcosa che per qualche momento cancelli la sua sofferenza... No, non leggo quello che voglio. Mi appoggio con entrambe le mani sui bordi del letto all'altezza delle sue spalle e mi chino di nuovo. Lo bacio ancora a lungo...

Sento salire dentro di me un dolore non fisico che mi attanaglia la mente, sento spegnersi quel sorriso abbozzato per lui, sento i muscoli delle mie guance rilassarsi...

Mi scosto un poco e raggiungo con le labbra il suo orecchio destro: "Ti voglio bene Gianluca... ti amo! "

Lo sento piangere forte, stavolta...

Ficco la punta del mio naso nel cuscino e dico a voce piû alta: "Non fare cosî, dai... non piangere, coraggio... ce la farai..." e mi si gonfiano gli occhi dalla commozione.

Ti amo! È la prima volta che dico di amarlo.

"Oh, scusi..." Un'infermiera aveva aperta la porta e stava per entrare. Si ritrae e la richiude. Non l'ho sentita, non ho sentito nessun rumore... non me ne frega nulla se ha visto...

"Sai, Gianluca, torneremo presto a correre sulla sabbia, a scorazzare coi motorini nei vicoli... a fischiare le ragazze nelle piazze... devi solo farti forza e coraggio... cazzo sei un fisico forte... sei un macho... guarda che fisico che hai! Dai, la forza per guarire non ti manca... poi c'ê Stefania che ti aspetta! E non credere che io.... io ti voglio ancora piû vicino, adesso che... che ci siamo conosciuti e... ricordi prima cosa ti ho detto? Ti ho detto che ti amo, ed ê vero! Ti amo veramente... avrei voluto dirtelo molto tempo prima ma... non ne avevo la forza... sai, tra maschi, certe cose magari non si vogliono dire anche se dal profondo dell'anima... insomma hai capito!"

"Stamattina - dice lui - mi hanno fatto un altro intervento... plastico, al bacino, e ho saputo dal primario che..." un pianto gridato, stavolta, invade la piccola stanza.

Raccolgo le sue mani tra le mie, stringendole forte immaginando il dolore che in quel momento sta provando nell'anima...

"Guarda - continua lui - guarda cosa mi hanno fatto..." e con la mano sinistra scosta il lenzuolo e la sottile coperta rivoltandola sulla parte destra del letto.

Davanti ai miei occhi si presenta una scena mai vista prima: fasce e larghi cerotti ricoprono il corpo di Gianluca da sopra l'ombellico sino alle caviglie; le gambe sono tenute leggermente divaricate da stecche di cartone rigido. Quella fasciatura mi riporta alla mente, con qualche differenza, una mummia vista da vicino al Museo egizio del Cairo.

"Mi sono rotto in piû parti il bacino... e l'incidente ha lesionato severamente la spina dorsale... non so se riuscirô a camminare e a correre ancora... mi sono spappolato le palle e... no! no, Silvano - grida - non doveva capitare a me... perché proprio a me? Perché? Perché?"

Dalla stanza si alzano grida tanto forti che interviene un infermiere seguito da lî a poco da una collega con una siringa in mano.

Siamo in quattro in quel camerino, adesso, ed io ho girato il viso contro lo stretto armadietto sentendo scendere le lacrime agli occhi... grosse, bollenti, veloci, scivolano lungo le guance per cadere a terra... mi asciugo col dorso della mano, lascio che il personale sanitario esca dalla stanza, richiudo la porta... sento riaprirla, la richiudo nuovamente e prima di farlo, sporgendomi, dico: "Quando andrô via la aprirô di nuovo!"

Gli infermieri avevano ricoperto Gianluca, rimettendogli su quella parte scoperta di petto muscoloso e qualche volta graziosamente villoso, ma ora completamente rasato, il lenzuolo e la coperta azzurra.

Si sta calmando, il tranquillante fa il suo effetto. Mi avvicino, cerco di abbozzare un sorriso ma non ci riesco, gli vado accanto, mi siedo sul bordo del letto per essergli piû vicino... lo faccio di nuovo: un bacio sulla fronte, come quelli che sa dare una mamma al suo bambino, una ragazza al suo innamorato... e io lo sono di lui, adesso so di volergli veramente un gran bene, anzi, di amarlo. La tristezza mi attanaglia talmente il cuore che mi fa persino male.

"Cos'ê la storia delle palle? Non ho capito cosa intendevi dire... me lo spieghi?"

"Si sono spappolate... non so che cosa ci hanno fatto. Mi hanno detto che non potrô avere figli; praticamente non funzioneranno piû come prima... ê come se me le avessero tagliate via.... Forse non scoperô piû..."

Lo vedo piangere ad occhi chiusi, in silenzio; dolore misto a vergogna per quanto mi ha appena detto. Lo abbraccio forte passando le mie braccia sotto il cuscino. Sento le sue stringersi attorno al mio collo.

"Oh, Silvano, - dice - ti amo anch'io... tanto, ma... mi sa che il nostro grande amore sia finito... l'altra sera a Bracciano, là, sulla riva del lago..."

Lo ricordo come fosse ora: ê stato bellissimo... Ci siamo amati tutta la notte, intensamente, e l'alba ci sorprese ancora insieme, abbracciati... ê vero, andô proprio cosî...

"Ma dai, sul lago ci torneremo appena starai bene. Sai una cosa? Finché stai qui ti verrô a trovare tutti i giorni, e se posso anche due volte al giorno e quando uscirai salteremo insieme quei tre gradini giû in basso... eh? D'accordo?..."

Mi aspettavo un sorriso che non fece, mi guardô in silenzio come per dirmi che stavo scherzando e prendendolo in giro. Appoggiai ancora una volta le mie labbra alle sue... le schiuse permettendo alla mia lingua di penetrare nella sua bocca... Spaziô ovunque, si incontrô con la sua; gli passai la punta tra il labbro superiore e i denti, come faceva lui per dirmi che il bacio gli era piaciuto tanto...

La pioggia, meno insistente, bagnava i miei corti capelli scuri. Ero uscito dall'ospedale. Stavo rientrando a casa e mi stavo accorgendo che camminavo a testa china... i piacevoli ricordi che qualche ora prima avevano incendiato la mia mente, avevano lasciato il posto alla fredda analisi della realtà che incontra l'alba....

Lui, il "mio" lui da poco tempo ma con tanta intensità, era cambiato ai suoi stessi occhi... non piû esercizi acrobatici in palestra, non piû corse in motorino, non piû bracciate in mare per aggirare una boa immaginaria, non piû corse sulla spiaggia, non piû salti sugli scalini di Trinità de' Monti, non piû il canto dei merli sui tigli di Villa Giulia (chissà, dove abiti adesso, se i merli ti svegliano al mattino...), non piû erezioni violente e maschie... unica tua compagnia una luccicante sedia...

Gianluca... ti ricordo sempre volentieri, e in questo momento con le lacrime agli occhi. Non ti ho abbandonato e se mi sono "perso" come puoi pensare tu ê stato solo perché avevo 28 esami da dare in poco tempo. Non ti ho lasciato solo, eri sempre nei miei pensieri.

Sî, tu sei stato per me il mio primo grande amore. Forse nessun altro riuscirà mai a prendere il tuo posto. Tu per me sei stato unico e vorrei sempre riservarti il posto migliore in quell'angolo del cuore sede dei ricordi piû belli.

E se per caso leggerai questo racconto - scritto per te - per restarti vicino, cercami, scrivimi, telefonami... ho sempre lo stesso numero, non lo cambio proprio perché tutti i giorni spero in uno squillo per sentire nuovamente la tua voce, maschia, forte, perché tu sei il mio uomo..."l'uomo che ha la carezza leggera, la voce sî viva e forte; ha negli occhi i miei desideri perduti. In te ricerco amor non vile... cosî ritorna il cuore alle sue piene... cosî l'amore insegna cose vere..."

"Ricordati, se puoi, per un solo mio gesto a te gradito, una parola... ricorda il filo azzurro che fluiva tra noi un tempo come primavera dell'anima: la rosa, la bellezza goduta insieme, l'estate e l'accordo coerente nel cuore... il resto ê futile nebbia... ricordami nel fiore offerto: e rimarrô là lieve al tuo pensiero".

Ti vorrei abbracciare e stringer forte, lo desidero tanto, ti mando un bacio, di quelli che tu sai, e ti aspetto!

Ecco Andrej, di lui ... non sono riuscito a scrivere di piû... Ma lo ricordo, un gran bel ragazzo, dolcissimo... quando i suoi occhi incrociavano i miei, i nostri sguardi dicevano cose mai dette, mai pronunciate. A me a volte veniva la pelle d'oca perché sapevo cosa lui stesse pensando, immaginavo cosa volesse dirmi e non voleva o non poteva dire...

Ricordo le sue labbra, carnose, sempre umide, vellutate... Ricordo la sua pelle liscia che amavo carezzare a lungo, ricordo i suoi brividi. Non soffriva, al contrario di me, di solletico...

Ricordo i suoi capezzoli che inturgidivano al primo segno di eccitazione... era da questo, anche senza guardare "sotto" che capivo cosa stava succedendo in lui... era fantastico!

Ricordo quanto piacere gli procuravo intrufolando la mia mano sotto i suoi slip, senza calarli... quel frugare dentro lo faceva "contorcere" dal piacere... Ricordo quando tentai di dargli una leccatina di culo che non volle...non ci sono mai riuscito e qualche volta ho desiderato di farlo...

Ricordo quell'odore di cazzo sudato, ma pulito, ed anche il "profumo" del suo sudore ascellare mai coperto da deodoranti...mi inebriava e restavo minuti col naso ficcato sotto le sue ascelle.

Ricordo quando mi masturbava, di punta, com'era abituato lui, e nel momento dell'eiaculazione serrava le dita per far schizzare lo sperma il piû lontano possibile, quasi volesse colpire un immaginario bersaglio... in quel gioco lieve che a volte colora l'amore piû vero...

No, Andrej... difficilmente riuscirô a trovare un altro Gianluca... io spero tanto che mi scriva... Aspetto, e ogni volta che leggo la posta spero sempre di trovare un suo messaggio... Non si ê dimenticato di me, di questo ne sono sicuro, come sono certo che mi voleva tanto bene e che mi amava veramente. Il mio cuore mi dice che ê ancora a Roma, ma se ciô non fosse sono disposto a raggiungerlo dove lui sarà. Lo so, lui si nega perché non si vede piû il ragazzo di prima, il fusto che fischiava alle ragazze per strada e dai finestrini degli autobus.

Scrivere questo di lui mi ferisce l'anima come tu non puoi immaginare e a volte rifiutando un approccio di sex... penso a lui e rimango digiuno e contento. Il giorno di Santo Stefano sarà il suo 28esimo compleanno... spero tanto che Babbo Natale mi porti il dono che gradisco di piû!... E' tutto qui, Andrej, forse anche troppo... avrei dovuto tenere qualcosa di lui solo per me... Ti abbraccio di nuovo...

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Ricordi e Gocce di Pioggia

Ricordi e Gocce di Pioggia --------------------------- No, Andrej, in questo momento non ho nessuno col quale "vivere" il tempo libero la sera o la domenica. I soliti amici del bar, pochissimi: tre-quattro, quelli del biliardo, coi quali esco regolarmente. Ragazzi molto in gamba, tutti donnaioli, non credo sappiano di me e se sanno tacciono intelligentemente, fanno finta di nulla:

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