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Gaetano

by Stamink@freemail.it


Gaetano La mia vita : piacere per le passioni forti, viaggiare, conoscere tanta gente e specialmente tanti uomini, accomunati da un’unica caratteristica: delle nerchie incredibili, che sopravanzassero l’ombelico di almeno dieci centimetri e, a dire la verità, sono stato molto fortunato. Se dovessi mettere in fila tutti i cazzi che ho incontrato si potrebbe andare molto in là e vi giuro che a ben pensare li ricordo e li sento ancor oggi che mi titillano il mio buchetto, dolce di succhi. Ma andiamo in ordine: provengo da una famiglia aristocratica molto agiata, grande villa con parco, servitù, scuderie e via discorrendo: tante persone che andavano e venivano, tanti discorsi, tante conoscenze: avevo sempre avuto un’attrazione verso la bellezza fisica maschile ma credevo fosse un piacere per gli occhi e basta, a quindici anni avevo avuto le mie prime esperienze sessuali con alcune ragazze della mia stessa età, niente di veramente eccitante. Una volta una cameriera in carne, sulla quarantina, si era lasciata leccare la fica per gioco e ricordo il salato e i peli in bocca, e lei che gemendo mi diceva: si, si così, sapesse quanto mi piace, signorì,….Io, sinceramente, lo facevo un po’ per curiosità e un po’ per noia; ed è stata proprio la curiosità a farmi conoscere chi avrebbe infranto il mio culetto vergine, infatti, mentre con l’indice e il medio stuzzicavo quelle due labbra ormai enormi e tastavo il succo appiccicoso, le faccio: ti piace tanto fartela leccare dai ragazzini o ti piace di più qualcos’altro? E lei: Eeeh, mi piace tutto signorì, però se devo essere sincera mi manca tanto un cazzo enorme di un picciotto del paese mio, Gaetano si chiamava, mamma mia che cazzo c’aveva, quanto un braccio, che gli piaceva mettermelo nel culo e io ogni volta urlavo di dolore e anche di piacere. Solo nel culo me l’ha messo, che ancora mi brucia, mamma mia mi sembrava che m’arrivava fino della gola, un toro era, mi inculava tutta la notte, certe cannonate, le ossa mi facevano male per i colpi, e quando veniva, signorì, il cazzo gli si gonfiava, gli si allargava che io non vedevo l’ora che finiva e il latte mi continuava a uscire dal culo anche il giorno dopo. Gli piaceva darmi gli schiaffi quando mi montava, sul culo, mamma santa che mi diceva: troia, culo rotto, bestia da monta, porca, cagna, pure le palle ti metto, ma le palle sicuramente sono rimaste fuori: erano enormi, due cose tante, le palle di cannone le chiamavo. Mai che me l’ha fatto toccare: mi tappava la bocca, mi alzava la gonna e mi sfondava in un colpo solo, mutande e tutto. Era manesco, alto, un toro, due braccia così. Ogni tanto ci penso, non se ne trovano cazzi così qua al nord. Io, vedendo più succo fuoriuscire e il mio pene inturgidirsi al racconto, continuavo: doveva essere proprio un bestione, per farti godere, tu che oramai non senti neanche i treni come dici,….. chissà che fine ha fatto. Penso che Gaetano fa godere chiunque, anzi penso che un morto lo fa resuscitare, mia sorella mi ha detto che è camionista, s’è sposato, e ogni tanto viene a scaricare da queste parti, ma vedo che Gaetano v’ha fatto un bell’effetto signorì (guardando il mio pene sussultante), ho capito, se lo vedo ve lo faccio conoscere, e così dicendo s’era portata la mano tozza e callosa sul mio cazzo, tanto a lui gli piacciano i culi e pure stretti devono essere, e con la mano cominciò a stringere e massaggiare, ad andare su e giù, non vi preoccupate, che voi, no come la famiglia vostra, mi state simpatico, che mi parlate e mi fate sentire bene, so tenere un segreto, anzi sono pure contenta perché Gaetano è Gaetano, no come tutti i recchioni che girano dentro casa vostra, conoscete un uomo vero finalmente. Maria, oltre a non avere inibizioni di sorta, mi sapeva capire al volo (a parte il fatto che non occorreva molto, bastava guardare le mie labbra umide al racconto e il mio pene vibrare). Fatto sta che chiusi gli occhi e immaginai cosce e braccia pelose, un cazzo con tanto di cappella che mi veniva in bocca, nel culo; quella mano ruvida aumentò l’eccitazione, il cazzo vibrava sotto i colpi vigorosi, alzai una coscia, appoggiai il piede al muro, mi infilai un dito in bocca. Maria fece di meglio, s’inumidì il dito medio della mano libera, me lo strofinò intorno al buco del culo, e poi di colpo me lo infilò cominciando a girarmelo dentro, massaggiandomi la prostata. Sentì una vampata di calore al cervello, cominciai a mugulare, Maria infilò un secondo, poi un terzo dito: siete bollente signorì, mi sa che Gaetano un culo così lo fa impazzire, si, Gaetano urlai prima di eruttare una quantità incredibile di sborra, che Maria prese a leccare avidamente. Sudato marcio aprii gli occhi e sorrisi esausto. Nelle settimane successive non feci che idealizzare il mio Gaetano: lo immaginavo che entrava in camera mia, nudo come una delle statue che erano in biblioteca, che mi iniziava ai piaceri del sesso. E continuavo a masturbarmi nel chiuso della mia stanza. Ogni tanto Maria mi chiedeva di farmi una pompa, io la supplicavo di infilarmi le sue dita ruvide nel culo. Fino a quando……. Era estate, avevo appena compiuto sedici anni, ero già carino anche se non molto alto (1,64), occhi chiari, biondo, delicato nei lineamenti, quando un giorno Maria mi fa: sentite signorì io torno al paese per una settimana, perché non chiedete ai vostri genitori di venire a passare qualche giorno dai conti ***** tuoi zii che abitano a ******* che sono pochi chilometri da casa mia, così vi porto un po’ al mare e se siamo fortunati vi faccio conoscere anche a Gaetano. Detto fatto, feci il diavolo a quattro per poter andare da zio Alfredo, mio padrino di battesimo, a trascorrere alcuni giorni al mare, fino a quando, bagagli alla mano, non salutai mio padre e mia madre che, accompagnato al treno, facevano mille raccomandazioni a Maria. Ero eccitatissimo, desideravo tantissimo l’uomo che mi aveva fatto sognare negli ultimi mesi, conoscerlo, e forse, qualcosa in più. Fu un’estate indimenticabile. Arrivai e fui accolto calorosamente dai miei zii, una coppia senza figli che viveva in una bellissima villa al centro di una fattoria sterminata, famosa per la produzione di vino. Mio zio Alfredo era un bell’uomo, alto fisico atletico, sulla cinquantina, moro, sempre abbronzato; mia zia Edwige, di origini norvegesi, bellissima e sempre con quel sorriso un po’ malizioso sulle labbra. Spero di divertirai con noi, disse zio Alfredo abbracciandomi e stringendomi in vita, come sei cresciuto ti sei fatto un ometto, senti qua, e in men che non si dica mi diede una strizzatina tra le gambe. Arrossendo lo baciai in segno di saluto e sorrisi a mia zia. Ti porto dove vuoi, basta che me lo dica, concluse zio facendomi strada verso la mia camera: mare, discoteca, dove vuoi, ti faccio conoscere un sacco di belle ragazze. Ero stanco per il viaggio, così mi congedai e andai a riposare. Mi svegliai che era già notte fonda, feci una lunga doccia e scesi in cucina per mangiare qualcosa. Sul tavolo trovai un biglietto: Mark non ti abbiamo svegliato, siamo usciti con amici, la cena è nel frigo, se vuoi che ti preparino qualcosa, chiama Santa e Gaetano che abitano nella dependance vicino alla piscina. A&E. Gaetano, quel nome mi risuonò come un tamburo nella testa, no non può essere lui, qui è un nome comune, ma qualcosa mi diceva che era lui, a zio serviva gente robusta per i lavori, e da quello che mi raccontava Maria…………, non so perché ma ricordo benissimo che mi cominciarono a prudere i coglioni. Il caldo, la notte immersa nel silenzio, gli animali nel parco, la grande casa avvolta nel buio, i forti profumi dolci e intensi. Indossai una canottiera sui pantaloncini lucidi e uscii, verso la piscina. La dependance era illuminata da una luce fioca che proveniva da una stanza, mi avvicinai e lo vidi, seduto, all’aperto, fumava una sigaretta, accaldato, enorme, tutto era lungo e sostanzioso, il petto villoso scolpito, le gambe le braccia che a malapena un paio di slip e una canottiera riuscivano a contenere, baffi spessi su due labbra carnose come le orecchie, un collo taurino cerchiato da un collare d’oro, piedi e mani vigorosi, callosi; se ne stava lì a cosce aperte e mostrava noncurante un pacco enorme, famelico, la nervatura del cazzo segava a metà gli slip, forse macchiati, due palle, enormi anch’esse se ne stavano beate metà fuori (le palle di cannone pensai). Tutto durò un attimo, ma lui lo fece durare eternamente. Lentamente prese una T-shirt logora e se la butto sulle cosce pelose e nerborute: buonasera, signorino Mark. La voce roca, densa, di chi fuma e lavora e bestemmia, da far venire i brividi alla schiena. I signori sono usciti, l’hanno lasciata in consegna a me, mi dica se desidera qualcosa, piacere io sono Gaetano. Si alzò e con noncuranza indossò prima la T-shirt e poi raccolse un paio di jeans da terra e se li infilò di colpo, rimase scalzo. Basta dire che i jeans avevano i bottoni che infilò ad uno ad uno e che si tesero all’inverosimile una volta allacciati, le cuciture rigavano la carne. Un dio greco pensai con gli occhi fissi sul pacco, si, deve essere per forza lui, mi osservò deglutire, un sorrisino. Però abbastanza audace per girare noncurante quasi nudo per la proprietà e rivestirsi davanti ai padroni, pensai. Vedo che sente caldo stanotte, gli dissi, poi continuando: senta io desidererei mettere qualcosa nello stomaco, provvedete, lei o sua moglie, a prepararmi qualcosa, faccio una passeggiata nel frattempo. Mi dia del tu, signorino Mark, rispose, venga, ho già preparato qualcosa, da questa parte, indicandomi un gazebo in fondo al giardino. Era alto più di 1,90, era enooorme, la cosa che più mi sconvolgeva era il calore magnetico che emanava: desideravo accerezzarlo, morderlo, leccarlo, succhiarlo, avevo tutti i sensi in allerta, i coglioni erano un nido d’api. Arrivammo al gazebo, ci sedemmo e io presi a mangiare. Cominciò a parlarmi del più e del meno, quanti anni, che scuola frequentavo, se avevo la ragazza, alla mia risposta negativa con un sorrisetto mi fa: Maria mi ha parlato molto di voi oggi, (è LUI pensai, non poteva essere altrimenti), vi piace Maria eh? Un gran troia, lo stuzzicai, eh si riprese Gaetano, un gran bel culo. Lo sai che Maria mi ha sverginato davvero per bene, davanti e… dietro? Dietro non ti ha potuto sverginare, ci vuole questo, disse stringendosi il pacco tra le gambe, se vuoi…….. ci penso io………….. Mi alzai di scatto e mi gettai su di lui, feci cadere anche un piatto ricordo, ehi fai piano mi disse, scherzavo, sei ancora un bambino. Un bambino un cazzo, gli risposi, sono mesi che mi faccio le seghe pensando a te e al tuo bel cazzone in bocca e nel culo!!!!!!!!! Ah, rispose vedo che sei in calore, ma senti, qui adesso non è possibile, c’è mia moglie e i tuoi zii potrebbero arrivare da un momento all’altro, comunque, continuò sollevandomi da terra, ti meriti una bella lezione che non te la scordi per un bel pezzo, come a tuo zio. Così dicendo mi poggiò a terra e mi afferrò il culo con una sola mano portandosi il naso tra le chiappe. Ummmmmh, bello sodo, stretto, come piace a me, Maria c’ha proprio ragione. Mi divincolai, mi girai e lo fissai: non puoi farmi andare a letto così eccitato però!!!!!!! Accennò un sorrisino, prese a sbottonarsi la patta, vedere ma non toccare, disse. Vidi la bestia, pulsante, venosa, esagerata, la cappella, grossa come un bignè, era coperta, da una pelle spessa. Cominciò a penzolare in avanti, l’arco era esagerato, dritto gli arrivava tranquillamente sopra l’ombelico. Quant’è grosso? gli feci. Tanto, rispose, non conosco nessuno che c’è l’ha più grosso. durante il militare abbiamo fatto una gara, ho vinto su duecento commilitoni, sui 30 cm comunque. Ah, mi scappò un sorrisino isterico: quasi come due cazzi come i miei. Istintivamente la mano s’era portata in avanti, lo afferrai, lo scappellai e me lo portai alla bocca, tutto in uno. Ehi Ehi, frena ti ho detto, disse ritirandosi l’uccello. Ma non resistette. Appena la cappella uscì dalla bocca, emettendo un risucchio, l’aria fredda lo eccitò, con la mano mi afferrò i capelli e spinse la mia testa in avanti. Lo guardai voglioso: mi facevano male le mandibole per quanto le devo spalancare (ed era ancora moscio!), la voglia era troppa, presi a leccare la cappella famelicamente, la lingua girava intorno all’attaccatura viola, con una mano cercai di tirarglielo fuori, riuscivo a malapena a tenerlo in mano (ne ho incontrati ben pochi di cazzi così) “che porco frocione, che sei, quanti te ne sei fatti di cazzi fino ad ora?” mi chiese con la voce un po’ roca. “sono vergine di cazzi ti ho detto, ma ho sognato questa bestia per mesi” “Ehhhh, allora ci devi andare piano perché questa è una pistola carica, ti può fare male” disse togliendomi la mano dal cazzo e sfilandolo un po’ dalla bocca. Gli lanciai un’occhiata maliziosa “E dai zietto, fammi divertire, che poi ti faccio divertire io (la mattina dopo mi sarei pentito di questa affermazione), lo so Maria me l’ha detto che ti piacciono i culi sodi e stretti e guarda, che nel mio di buchetto non ci passa neanche uno spillo “che cazzo di recchione ciucciasborra che mi doveva capitare! Tale e quale a tuo zio. Io che mi ero rimesso a lambire la cappella lo guardai di nuovo “vuoi dire…che zio Alfredo…. “si, è un rotto in culo rispose, tuo zio c’ha un culo che ci entri con un braccio, anche se devo dire che quando me lo scopo urla come una pecorella”, le parole di Gaetano mi avevano eccitato all’inverosimile, immaginavo zio che urlava a quattro zampe, magari nella stalla, ripresi il cazzo in mano, cominciai ad andare su e giù, con la bocca e la lingua lateralmente (era impossibile ingoiare l’enorme asta) presi a leccare voracemente ripercorrendo l’attaccatura della cappella con la verga, le venature bluastre, con le dita scesi a fatica nella patta e afferrai le palle, le contenevo a malapena, enormi pelose, cariche di sborra. Vedevo che Gaetano era attento ma distratto, certo non eccitato, esigeva sicuramente servizi precisi e ben fatti, infatti “se devi farmi un pompino e me lo fai come si deve o non me lo fai per niente” disse ad un tratto sfilando di nuovo il cazzo dalla mia slinguata e rimettendoselo nei pantaloni. “allora signorì, mettiamoci d’accordo, io ti insegno un po’ di trucchi del mestiere e tu in cambio mi fai un lavoretto come si deve, vabbè? “ok, dissi io ormai tra il delirio e l’estasi (avrei fatto bene a preoccuparmi un po’). Gaetano mi cinse i fianchi, mi sollevò e mi mise a sedere su tavolo. Il cazzo tu lo devi ciucciare per bene e non ti preoccupare che piano piano c’entra tutto in bocca, lo devi sentire, lo devi fare ingrossare, mi devi fare godere bene bene. Prese il pollice e me lo strusciò sul labbro inferiore, avanti succhia, prova col dito, piano, si così, bene. con la lingua sentivo il pollice salato in tutta la larghezza, lo spinsi sul palato, presi a ciucciarlo avidamente, lui lo spinse in avanti nella gola, ebbi un conato, mi concentrai, con le labbra andai su e giù, le mani si portarono avanti, gli afferrai l’avambraccio muscoloso, pieno di peli (era grosso come una mia coscia), salii, cercai l’ascella, con il medio strusciai dentro, era sudata, salii, girai introno al capezzolo che s’inturgidì, andai alle sue labbra, lo guardai, mi fece un sorriso malizioso, buttò indietro la testa (grande scopatore, piace anche a lui il profumo di uomo pensai), mi infilò un secondo, poi un terzo dito in bocca, giù fino in gola spingendo come un forsennato, scorticandomi il palato con quelle dita callose, afferrandomi la lingua. “allora, hai capito come deve andare giù la minchia?” mi fece guardandomi a afferrandomi i capelli sudati. Oramai cominciavamo ad essere tutti e due sudati, lui emanava ancor di più un forte odore di maschio. Si avvicinò, mi afferrò le chiappe, il cazzo incredibile stretto tra i nostri stomaci, istintivamente incrociai le gambe dietro le sue natiche, fortissimo, si inarcò in avanti, una mano lasciò la chiappa e afferrò le caviglie, le strinse, le spinse indietro, scivolai sul tavolo, adesso l’uccello strusciava tra le mie natiche “ti faccio un lavoretto che non te lo scordi più”, prese a sbattermi contro “lo senti che pezzo di ferro?”, mi girò di colpo, le gambe finirono penzoloni, mi schiacciò sullo spigolo del tavolo, sentii abbassarmi i pantaloncini “minchia me lo hai fatto venire duro”, mi ansimò vicino l’orecchio “piano, che fai?”, cominciavo a essere teso, lo sentivo troppo eccitato, mi faceva male così schiacciato, mi infilò il medio in bocca, presi a ciucciarlo, lo sfilò, cominciò a ravanarmi il buco del culo, mugulai, si schiacciò su di me, i capezzoli mi strusciavano sulle spalle, sentivo il suo torace muscoloso e pieno di peli su di me, sollevai il viso, mi guardava dall’alto. Rideva eccitato, con voce rauca “che culo stretto e caldo che tieni, stasera ti faccio godere come una troia in calore”, cominciò a darmi dei colpi sempre più vigorosi tra le chiappe con la patta, con una mano se la sbottonò, abbassò un po’ i jeans, sentii premere contro le chiappe la cappella enorme, bollente, presi a dimenarmi “aspetta, dove vai?!”, con una mano mi inchiodò i polsi al tavolo, l’altra se la portò alla lingua sputando sul palmo, quindi se la portò al cazzo, lo scappellò (ansimando roco), lo inumidì con la saliva rimasta e prese a incularmi. La cappella era entrata di poco, la tirò fuori, la insalivò di nuovo, mi fece alzare una mia coscia e appoggiare sul tavolo, riprese. “ahhhhhh, Gaetano”, ansimai “scopami, spaccami il culo, dai!!!!” la cappella riprese a scavare, non riusciva ad entrare più di pochi centimetri senza incontrare un buco che per forza di cose era troppo stretto e rigido. Gaetano era eccitatissimo e non voleva perdere l’occasione, il sangue alla testa, ma si rendeva conto che m’avrebbe mandato all’ospedale se m’avesse inculato di colpo. “vieni qua signorì, facciamo le cose fatte bene” mi lasciò i polsi, mi sollevai, presi fiato. Gaetano cominciò a spogliarsi, restai ad ammirarlo, una meraviglia di maschio, un cazzo incredibile, a mezz’asta, un culo tosto, muscoli vigorosi dappertutto, peli neri. Mi spostò, si stese supino sul tavolo. “vieni qua, sopra a me, che ti faccio rilassare bene bene il buchetto intanto che tu ti lavori sta minchia bollente. Presi a spogliarmi, lui mi osservava sollevato sui gomiti. “si proprio fino fino, che mi pari na signorina” mi disse. Nudo mi avvicinai tra le coscie, presi ad accarezzarlo, scesi giù, presi a leccarlo, afferrai un piede, cominciai a ciucciargli il ditone. I piedi emanavano un forte odore, di sale, di muschio, tutto magneticamente mi attirava a lui, volevo sentirmi la sua troia, lui il padrone. Si stese lungo sul tavolo allungò le braccia, prese ad ansimare. Sali su che non resisto più, signorì. Con la lingua salii su, avevo peli dappertutto in bocca, mi fermai nell’interno delle coscie, gli succhiai un coglione, la pelle raggrinzita si inturgidì, sentivo la consistenza della palla in bocca, la lingua giocava con lei, succhiai avidamente, sentii una mano afferrarmi i capelli. Dai che non resisto più, ho voglia di scaricare i coglioni. Salii su di lui, strusciandogli sopra lo andai a baciare. Lo colsi un po’ di sorpresa, ma non resistette, gli morsi il labbro superiore, gli leccai i baffi, i suoi occhi mi scrutavano senza mai fermarsi, mi prese per la nuca, mi infilò la lingua in bocca fremente, cominciammo a baciarci avidamente. Era sicuramente il più bel bacio della mia vita. Mi staccai di colpo, mi girai su di lui e andai a sedere sulla sua faccia, ficcando il mio culo sul suo naso. Mi stesi su di lui cominciando a leccargli il petto villoso, i capezzoli facendogli inturgidire, scesi giù, ai peli pubici, leccavo, baciavo, mordevo, poi mi concentrai sull’enorme asta, non riuscivo a stringerla tutta in mano (il pensiero che quel pezzo di carne mi avrebbe sfondato mi mandava in ebollizione), era bollente, piena di grosse vene, la cappella faceva capolino dalla carne, lucida di liquido prespermatico. Gaetano nel frattempo mi aveva sistemato il culo sulla faccia, con le mani mi apriva le chiappe, sentii la sua lingua sugosa e calda fare breccia con la saliva “mmmmmhhh, così, così, mi fai morire” dissi strozzato “ci so fare con i buchi caldi signorì, mentre io ti rilasso bene il buco del culo, fai confidenza co stò cazzone, leccatelo come se è un gelato”, lo sentii lavorarmi il buco che era un piacere, sentivo la sua lingua calda che scivolava con maestria sulle piegoline, allargò meglio le chiappe, la lingua e la saliva entravano man mano sempre più che mi rilassavo, sembravo di essere in paradiso con quel maschione sotto di me, lo volevo far godere anch’io, presi a scappellarlo, appoggiai le labbra alla cappella, la succhiai, la insalivai, girai la lingua sulla saliva e andai a finire sul buchetto per pisciare, cominciai a prendere in bocca la cappella viola, la lingua girava intono, mordicchiai l’attacco con la nerchia, lo sentii sobbalzare un po’, proseguì andando su e giù, prima lentamente, poi sempre più velocemente. Lingue di saliva mi colavano sul collo, mi accorsi che la nerchia entrava sempre più in bocca, era tutto lungo, sostanzioso, sapeva incredibilmente di maschio, lascia la presa, gli afferrai le chiappe, lavoravo solo di bocca, riuscivo ad inghiottirne circa la metà (era veramente incredibile, non finiva mai), cominciò a respirare pesante, le slinguate diventarono più decise, la lingua entrava per alcuni centimetri nel buco bollente, prese a spingere con il bacino scopandomi di bocca “aprila bene che te la faccio arrivare in gola”, gli strizzai i coglioni, ripresi la nerchia spinsi anch’io, oramai la bocca disponeva di uno spazio impensato, andavo giù, sempre più giù “ciucciacazzi dai così fammi godere dai” riprese con le sue dolci oscenità “che una minchia del genere non la trovi ne ora ne mai, si così cosiiii” ero a mille, avevamo un ritmo perfetto, io lo pompavo sempre con maggiore sicurezza, respiravo a fatica ma lo volevo far godere, la consistenza di quel cazzo incredibile in bocca mi faceva impazzire, lui slinguava oramai in un buco di culo fremente e voglioso. “basta, voglio mettertelo nel culo, prima che ti sborro in bocca” mi ordinò. Sudatissimi ed eccitatissimi ci tirammo su, mi sollevò cingendomi i fianchi, poggiai le braccia sulle sue enormi spalle gli infilai la lingua in bocca, sentì il sapore del suo cazzo, mi guardò malizioso. Mi fece stendere sul prato “mettiti alla pecorina”, mi disse sollevandomi il bacino, rimasi così con il culo in bella vista e le braccia sotto la faccia a farmi da cuscino. Il prato era umido, noi sudatissimi, si inginocchiò dietro di me, mi sistemò per benino sul suo cazzo e cominciò ad incularmi. La cappella ora entrò con più facilità, ma mi fece strizzare gli occhi e mugulare “fai piano mi raccomando (l’eccitazione cedeva il passo ad un po’ d’ansia) “non ti preoccupare, ti svergino come dio comanda, ci so fare con i buchi caldi”, con la mano guidava la nerchia palpitante, riprese a reinsalivarla e ricominciò, dapprima pianissimo (anche se assestava bei colpi con le anche, poi la cappella entrò, naturalmente, mi morsi il polso per non urlare, piano piano sempre più, il dolore cominciò ad essere più acuto, vedevo lampi negli occhi chiusi, Gaetano oramai vera bestia da monta continuava inesorabile. Di colpo qualcosa si lacerò e sentii un bruciore all’ano, poi caldo, il cazzo gli scivolava meglio, sangue pensai, approfittò per affondare. Svenni, mi ripresi madido di sudore, Gaetano che aveva preso a montarmi e oramai sembrava un enorme stantuffo, sentivo le pareti anali pulsare, quando lo tirava fuori mi sentivo come quando cacavo dopo parecchi giorni. Dopo circa un quarto d’ora che andava avanti e indietro (mi dava delle cannonate incredibili e possedeva una forza spaventosa), ricominciò a fluirmi caldo il sangue alla testa, cominciai a godere immensamente, come mai avevo provato fino ad allora. Lo sentii appoggiare le mani poderose sui miei gomiti, mi schiacciò “godi troia godi, ti questo culo stretto mi fa morire”, prese a leccarmi il collo, poi la schiena, il cazzo andava per conto suo, con una mano mi sollevò lo stomaco spingendo ancora di più il culo al suo cazzo, il ritmo crebbe, diventò furioso “ ahhhhh urlai, di piacere, di dolore, di godimento” non ci vedevo più, stavo provando un orgasmo prostatico di intensità indescrivibile. Di colpo, dopo quasi un’ora che mi montava con maestria andando fuori e dentro il mio culo, cambiando posizione con il bacino, facendomi roteare il culo per godere di più, sentìì la nerchia e la cappella espandersi e stantuffare la pareti anali ancora con maggiore attrito “AHHHH ” lo sentii ruggire lasciandosi ad una bestemmia liberatoria. Il calore nel culo aumentò intensamente, avevo acquisito una sensibilità che sentii i fiotti di sperma ad uno ad uno, caldi, sugosi. mi scaricò tantissima sborra, con un intensità tale che mai avrei immaginato ne possedesse un uomo, continuando a dare colpi decisi ad ogni eiaculazione. La sborra cominciò colarmi dal culo, la cercai con le dita, la portai alla bocca, aveva un sapore dolciastro, misto a sangue e merda. Ero sudatissimo, mi facevano male tutte le ossa, ma mi sentivo alle stelle, l’uomo dei miei sogni mi stava dietro e mi inculava da più di un’ora facendomi provare sensazioni che fino a quel momento avevo solo immaginato ma che erano superiori di gran lunga alle aspettative. Aspettò che il cazzo gli si ammosciasse un po’ e lo tirò fuori, ci fu un risucchio e come un “flop” quando uscì, fece il giro mi si piazzò in ginocchio davanti “leccami bene tutta la sborra, lasciami il cazzo bello pulito”, presi a lunghe linguate a ripulirgli prima la nerchia poi la cappella ormai in fase di smoscio ma pur comunque sempre di dimensioni ragguardevoli. “sei stato proprio bravo” cominciò, aveva voglia di parlare “mi hai fatto proprio godere, era tanto che non mi facevo un’inculata degna di nota” “ e sono contento che ti ho sverginato io, che, sarò il primo di una lunga serie?”, rise, accarezzandomi i capelli, lo guardai malizioso “saranno delle vacanze indimenticabili” gli dissi “sei proprio uno stallone, starei tutto il giorno a quattro zampe a ciucciarti il cazzo e a farti sborrare di culo, a proposito, ma quanta sborra tua c’ho nel culo?” “tanta, quando mi facevo le seghe e venivo sulle magliette, il giorno dopo sembravano inamidate, ho due coglioni sempre in continua produzione” comunque “sei proprio un bravo recchione e devo dire che quando mi hai messo la lingua in bocca mi è piaciuta……” credo che quella frase fosse oltremodo intima per il carattere di Gaetano, gli dovevo piacere. Si sedette davanti a me, il cazzo lo potevo usare come rossetto, mi prese le orecchie con le mani poderose, prese a schiacciarle. Mi girò verso il suo viso, lasciò la presa, appoggiai la nuca ad una sua coscia. Il movimento destò dolori lancinanti al fondo schiena, se ne accorse, sorrise “domani non cammini, poco ma sicuro”, mi stese un braccio sul corpo e un dito arrivò sul buco del culo, la mano mi strinse le chiappe “mettici un po’ di crema e cammina a culo stretto”, adesso pulisciti”. sollevai le ginocchia offrendogli il mio culetto bollente “dammici una leccata finale, ti prego” “che roba di frocione che mi doveva capitare” disse un po’ malizioso, ma da bravo come lo stavo scoprendo, si inginocchiò, mi sollevò letteralmente facendomi finire con le gambe sulle sue spalle e prese a slinguarmi il buco del culo. L’unguento mi provocava una frescura e un godimento indicibili, incrociai le caviglie dietro il suo collo. Dei rumori improvvisi ci costrinsero ad alzarci e vestirci in fretta e furia. Dopo qualche secondo apparve Santa, la moglie di Gaetano: piacere mi disse guardandosi intorno e chiedendosi cosa fosse quel casino sul tavolo, un enorme uccello, forse un gufo, è passato sul tavolo, ho preso uno spavento e ho rovesciato le cose sul tavolo, dissi scusandomi. Gaetano, sudato e che ha malapena riusciva nascondeva un sorriso sardonico proseguì, qui se ne trovano pochi di uccelli così grossi ma non si preoccupi signorì, una volta che c’ha preso confidenza non ti faranno più paura, anzi, io conosco un posto isolato dove la notte escono fuori, se vuole un giorno te li porto a fare vedere, è vicino la casa dei miei fratelli……. Grazie, risposi io, che nel frattempo mi ero appoggiato con le chiappe al tavolino e che sentivo un bruciore lancinante e qualcosa che colava dal buco del culo, adesso se volete scusarmi, sono stanco vorrei andare a dormire. Tornai a casa, feci appena in tempo a fare una doccia (la spugna liberò ancora molti succhi dalle chiappe), che nudo crollai in un sonno profondo e meraviglioso. Ho perso la verginità, ricordo di aver pensato poco prima di addormentarmi, con un cazzo da favola…… Gaetano, quanto ti voglio bene………………….. Due to international translation technology this story may contain spelling or grammatical errors. To the best of our knowledge it meets our guidelines. If there are any concerns please e-mail us at: CustomerService@MenontheNet

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Gaetano

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Gaetano (III parte): I Bronzi di Riace

Gaetano (III parte): I Bronzi di Riace ………. Il display della sveglia segnava le 03:30 quando fui svegliato dal rumore di un tavolinetto che veniva urtato. Signorì, sentii bisbigliare, signorì. Gaetano, dissi, che ci fai qui?, sono venuto a trovarti, non potevo prendere sonno con questo caldo, ti va un po’ di compagnia? Si, dai vieni qui gli feci, sei vestito o nudo?

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