Il Convento delle Delizie, Quinta parte
Una notte un temporale spaventoso si abbatté su tutta la zona, e il Convento fu letteralmente flagellato da chicchi di grandine grossi come pigne. Qualche monaco che era rimasto a dormire nel chiostro, all’aperto, venne sorpreso dalla grandinata durante il sonno e rimase ucciso dai colpi tremendi alla testa. Mentre la tempesta infuriava, ci ritrovammo tutti nella chiesa centrale. Le vetrate crepitavano sotto le raffiche di grandine. Sembrava che il vento potesse staccare da un momento all’altro la cupola. La paura serpeggiava fra i monaci. Padre Marcello si fece coraggio e prese la parola, mentre tutti si zittivano per ascoltarlo. “Cari fratelli, come avrete capito in questo momento il Signore esprime la sua collera verso di noi. Chiedo a tutti di interrompere immediatamente qualsiasi pratica sia fonte di piacere carnale.” Io, e molti altri come me, mi sfilai dal culo il fallo di legno che portavo in quel momento. Altri si tolsero cordini e strisce di cuoio che portavano stretti alla base del cazzo. “Tutti gli oggetti che vi siete tolti gettateli nel fuoco, in segno di pentimento.” Così venne fatto e le fiamme del braciere si alzarono scoppiettando. “E ora preghiamo il Signore di perdonarci per tutti i peccati che …” ma non riuscì a finire la frase perché improvvisamente il grande crocefisso ligneo appeso alla parete si staccò e si abbatté al suolo con gran fracasso. Per la prima volta vidi il terrore sul volto di Padre Marcello. “Credo che la punizione finale sia giunta…” balbettò “Ma proviamo ancora a raccoglierci in preghiera e chiedere perdono per…” Un fulmine spettacolare colpì la croce di ferro che sovrastava la cupola e la corrente elettrica si propagò lungo le nervature metalliche della chiesa. Chi, malauguratamente, era poggiato alla balaustra di ferro che correva lungo le pareti venne all’istante folgorato. Mentre i cadaveri semi-carbonizzati cadevano al suolo si sentì nell’aria un raccapricciante odore di carne bruciata. In quel momento mi resi conto della gravità della situazione. L’ira divina era tale che nessun perdono era contrattabile. Nessuna pena era proporzionata alle nostre colpe se non quella della morte stessa. Nella mia mente cominciarono a risuonare le parole che indicavano la gravità dei nostri peccati: “Lussuria sfrenata … ripetuta ogni giorno … più volte al giorno … lussuria e sodomia …”. Mi traversò la mente il pensiero che Dio stesse per inviare un terremoto che ci avrebbe travolto tutti. Tutti sarebbero stati sommersi dalle pietre con cui era stato costruito il Convento, le cui mura erano intrise della lordura delle nostre colpe … La costante eccitazione in cui mi trovavo da quando ero stato accolto nel Convento (il cazzo, pur non sempre in erezione, era però sempre a mezz’asta e sempre umido di pre-sperma; il buco del culo, rimasto come “scottato” dall’inculata demoniaca, era sempre pruriginoso e palpitante) in quel momento si interruppe. Il cazzo tornò completamente floscio, pur restando consistente date le sue dimensioni naturali, i testicoli ravvicinati fra loro e gelati, l’ano insensibile e stretto. Guardai i miei compagni e compresi che anche loro provavano sensazioni analoghe. Tutti i sopravvissuti all’ira divina erano pallidi, i volti contratti in una smorfia di paura. Paura della Morte. Eppure … Eppure sentivo ancora, nel fondo della coscienza, che non poteva finire tutto così, che una nuova svolta stesse preparandosi. Forse il nostro destino riservava ancora sorprese.
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