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Hotel Executive

by Apollodoro


Ero stato invitato ad un congresso di programmatori a Palo Alto. Avrei dovuto passarci tre giorni, quindi decisi di trattarmi bene e provai a cercare una stanza all’Hotel Executive, il più caro. L’atrio era estremamente lussuoso e spazioso. Numerosi camerieri stavano allineati alle pareti, impettiti nella loro divisa bordot. Il pavimento lucido come uno specchio. Alla reception un uomo in livrea nera, azzimato, mi accolse con un sorriso. Gli chiesi una singola per due notti. Mi squadrò dalla testa ai piedi. Attese, come aspettandosi qualche altra richiesta; poi, visto che non aggiungevo nulla, consultò il registro e mi disse che poteva darmi una stanza al primo piano, scusandosi (il palazzo aveva ottantacinque piani). Risposi che andava benissimo, dato che non mi interessava avere vista panoramica sulla città. Con uno schiocco di dita chiamò il più vicino cameriere per farmi accompagnare in camera. Notai che vi erano almeno dieci ascensori e fui leggermente sorpreso dal constatare che anche per andare al primo piano, il cameriere mi invitasse a entrare in uno di essi. Entrando nell’ascensore notai sul pavimento delle macchie biancastre. Mentre l’inserviente pigiava il bottone mi sistemai distrattamente il pacco, un gesto che normalmente non faccio in pubblico, ma che in quel momento mi venne naturale. Il cameriere, a cui il gesto non era sfuggito, schiacciò subito il bottone dell’ALT e disse: «Avendole assegnato una camera al primo piano, pensavo che non fosse interessato al nostro trattamento standard...» Io non riuscivo a capire e stavo zitto. «... In ogni caso potrà pagare poi alla reception. Desidera A, B o C?» Ero così esterrefatto che non riuscivo a dire una parola. Ma anche quel mio silenzio, evidentemente, aveva un significato. Il cameriere cominciò a spogliarsi, con un’aria impassibile. In due minuti era completamente nudo, a capo chino, inginocchiato di fronte a me. Tutto si svolgeva nell’ascensore bloccato fra il piano terra e il primo piano. «Attendo le sue istruzioni, Padrone» disse con voce sommessa. A quel punto, pur non capendo le regole del gioco, volevo approfittare della situazione. Mi appoggiai a una parete dell’ascensore e allargai le gambe. Il cameriere, quasi automaticamente, si avvicinò e cominciò a leccarmi i pantaloni in corrispondenza del cazzo, che nel frattempo si stava indurendo. Dato che io non facevo nulla, quello andò avanti così per venti minuti, tenendomi per le cosce con le mai, finché riuscì a farmi venire, impregnando le mutande di sperma. Avvertito il mio orgasmo, si alzò, si rivestì, schiacciò il pulsante del primo piano e come se niente fosse mi accompagnò in camera. Prima di entrare mi disse: «Lei saprà che il primo piano è dedicato ai clienti non standard, avventizi. Preferisce cambiare piano e avere così accesso a tutti i nostri trattamenti?» «No, grazie. Va bene così» Senza aggiungere una parola mi fece entrare e poi si allontanò. Naturalmente la curiosità mi riprese la sera, di ritorno dal congresso. Entrai e mi diressi con passo deciso agli ascensori. Schiacciai non il primo ma un pulsante a caso più in alto, che risultò essere il trentaquattresimo. Uscito, vidi che lungo tutto il corridoio stavano sull’attenti, a distanza di circa tre metri uno dall’altro, dei camerieri in divisa grigia, sguardo fisso nel vuoto. Cominciai a camminare e ad esaminarli. Vidi che erano tutti bei tipi fra i venti e i trent’anni. Ma dove diavolo ero capitato? Mi fermai di fronte a uno che mi piaceva particolarmente. Esitai, ma infine mi decisi e gli appoggiai una mano sul pacco, come a soppesarglielo. Subito disse: «Vuol favorirmi la chiave della sua stanza?». Constatato che si trattava di una camera del primo piano, disse: «È un nuovo cliente?» «Sì» «Può favorire la carta di credito, per favore?» Gliela diedi, ormai deciso ad andare fino in fondo. La inserì in una fessura del muro, che la risputò fuori dopo qualche secondo. Lui la prese e se la mise nel taschino della divisa. Me l’avrebbe restituita poi? Si aprì la cerniera e tirò fuori il cazzo, un bel salsiccione ancora morbido. I suoi colleghi restarono impassibili. Da una camera sentii provenire un mugolio di piacere. Siccome il mio cameriere restava impassibile, dritto e con lo sguardo all’orizzonte, pur col cazzo al vento, gli dissi: «Puoi condurre tu?» Reagì immediatamente. Mi diede due ceffoni, tirò fuori da una tasca un collare col guinzaglio, me lo mise al collo, si rinfilò il cazzo nei pantaloni e disse: «Seguimi, bastardo». Avevo un po’ paura. Provai a dire: «Voglio andare...» ma la risposta fu secca: «Taci, cane, devi chiedere il permesso per parlare. Potrai tornare a condurre solo dopo che sarai venuto, chiaro?» Siccome non rispondevo nulla mi mollò altri due ceffoni e disse: «Devi rispondere “Sì, Master”!!!» Mi fece entrare nella camera 34/65. Mi spinse contro un cavalletto e iniziò a sculacciarmi di santa ragione. Mentre le prendevo sentivo che il buco del culo si riscaldava e si apriva sempre di più. Lui diceva: «Non rispondi? Continui a non rispondere? Devi dire “Grazie!” Capito?» Quando cominciai a sentire le chiappe che mi bruciavano dissi: «Grazie, Master» e lui si fermò. Con uno strattone al collare mi fece raddrizzare e disse: «Ora spogliati e masturbati.» Mentre mi spogliavo prese da un cassetto un frustino da cavallo e cominciò a frustarmi sulla schiena, sul culo, sui capezzoli. «Sdraiati a terra e masturbati!» Mentre mi carezzavo le palle vidi che si stava tirando fuori l’uccello, mentre era a gambe larghe in piedi sopra di me. Ce l’aveva molle, ma era grande. Improvvisamente mi sentii investire da zampilli caldi. Mi stava pisciando addosso. Sentii un grande calore salirmi al cazzo, sul quale stava concentrando il suo getto, e venni mentre continuava quella doccia calda sulle mani e sul cazzo pulsante. Fu bellissimo. A quel punto si risistemò e si rimise sull’attenti, fuori dalla camera. Andai in bagno e mi feci una doccia. Mentre l’acqua mi scrosciava sui capelli pensavo. Era una specie di enorme bordello? Che rapporto c’era fra tutti quei camerieri e il padrone dell’albergo? Dopo essermi ripreso la chiave della mia camera al primo piano, e dopo aver fregato quella della 34/65, tornai nella mia camera 1/22. Poi mi ricordai della carta di credito. Era rimasta nel taschino del cameriere. Mi mossi in fretta. Tornai al 34° piano, ma lui, davanti alla 34/65, non c’era più. Ero preoccupato, ma anche affascinato da tutta quella sfilza di giovanotti in divisa. Ma ce n’erano così tanti a ogni piano? Preso dalla curiosità tornai in ascensore e schiacciai il 62. Anche qui stesso spettacolo, ma le divise erano azzurrine. Feci un giro esplorativo, notando che questi avevano tutti il pacco più gonfio degli altri che avevo visto al 34°. Mi venne un’intuizione. Andai all’ultimo piano. Qui erano tutti in divisa nera, di pelle, e avevano dei pacchi enormi. Volli verificare subito se era tutta roba vera. Mi fermai davanti a uno e senza dire nulla gli aprii la cerniera. Sotto aveva un jockstrap stracolmo. Tirai fuori tutta quella roba e vidi una mazza veramente fuori misura. Il tipo si lasciava fare senza dire una parola. Provai a muoverlo un po’. Andava irrigidendosi. A quel punto mi chiese la chiave. Gli diedi quella della 34/65, in modo che pensasse avessi il conto già aperto. Continuai a masturbarlo finché non fu bello duro, e constatai, come mi aspettavo, che era molto lungo ma non si alzava. Restava giù, un enorme batacchio di marmo. Continuando a tenerglielo in mano, lo guardai negli occhi e gli dissi, con tono autoritario: «Voglio che mi porti dal tuo padrone». Ero deciso a scoprire la vera natura di quell’hotel. Sembrò molto imbarazzato da questa richiesta, che evidentemente non si aspettava. «Ma Signore, lei sa che non...» «Zitto, porco! Obbedisci o te lo stacco a morsi, tutto questo cazzo di merda!» (ero diventato proprio cattivo) Lui allora chinò la testa e disse: «Come desidera, Padrone» Mi condusse nell’ultima porta in fondo al corridoio. Entrati, vidi un grande ambiente. Al centro una specie di trono, dove un uomo nudo, con stivali e cappello di pelle stava seduto a gambe larghe e braccia aperte appoggiate ai braccioli. Sei uomini si stavano occupando di lui. Due, completamente nudi, ai lati, uno gli succhiava il capezzolo sinistro, l’altro quello destro. Ai suoi piedi, in ginocchio, due stalloni si stavano occupando del suo cazzo (uno leccava il gambo, l’altro la cappella). Gli altri due leccavano gli stivali. In piedi, un giovane biondo con spalle lucide e turgide frustava quelli che non si davano abbastanza da fare, insultandoli: «Forza con quella lingua, troie!» e menava sonori fendenti sulle loro schiene e sui loro culi. Accortosi della nostra presenza, il giovane con la frusta urlò: «Cosa? Chi vi ha detto di entrare?!! F85, che cazzo fai?» «Ma signore, è stato il cliente qui che mi intimato di...» «F85, mettiti al muro. Con te faremo i conti dopo. Lei, venga subito qui!» Diceva a me, ma non ero mica tanto fesso da entrare! Me la diedi a gambe, e sentii che il tizio dava ordini sul cellulare: «Non fatevelo sfuggire. Lo voglio vivo.» Riuscii a infilarmi in un ascensore prima che uno dei cazzuti in nero mi bloccasse. Schiacciai il primo piano. Mentre scendevo il cuore mi batteva a mille. Arrivato, come le porte si aprirono trovai un signore in impermeabile che voleva entrare e un cameriere in divisa bordot che mi guardava con aria feroce. Spinsi il signore contro il cameriere. Caddero uno sull’altro. Io riuscii correndo a raggiungere la mia stanza. Chiusi l’uscio e mi barricai dentro. Dopo poco, il telefono. «Non ti illudere di poter chiamare la polizia. Dopo questa telefonata il tuo apparecchio verrà disattivato. Ti avverto: ormai che hai capito come funziona l’albergo, ma non sembri voler stare alle nostre regole, non ti sarà più permesso uscire. I ribelli, qui dentro, vengono addestrati e reclutati a forza. Diventerai un cameriere come tutti gli altri, obbediente e servizievole con qualsiasi cliente ti si presenti, pronto a soddisfare ogni desiderio e a ricoprire qualsiasi ruolo.» «E se mi rifiutassi?» «Verresti ucciso, è molto semplice. Ma te lo sconsiglio, perché prima di morire saresti usato per soddisfare alcuni clienti ai quali piace il gioco cruento... Ah, dimenticavo, non tentare di aprire la finestra e chiedere aiuto. Ogni tua mossa è controllata dai nostri monitor, e se fai qualche scherzo immettiamo immediatamente gas letale nella tua stanza.» Dopo una breve pausa di riflessione, mi resi conto che non avevo alternative. Mi sentivo in trappola, ma anche eccitato al pensiero che da quel momento la mia vita sarebbe stata tutta dedicata al sesso, fatto poi con un addestramento preciso, un codice di comportamento e di comunicazione... insomma un vero e proprio training, che sarebbe stato sicuramente formativo... Mentre sentivo che qualcuno stava buttando giù la porta mi spogliai e mi appoggiai al tavolo, il buco del culo bene in vista. Presentivo cosa mi sarebbe successo, e non mi sbagliavo. La prima “lezione” stava per cominciare. Qualcuno, alle mie spalle, entrò nella stanza. Preferivo non guardare, ma erano sicuramente più di uno. Una sonora sculacciata mi dilatò immediatamente, una manata di crema lubrificante, cacciata su da due dita nerborute, e poi un’inesorabile, lenta, irresistibile penetrazione di una verga enorme. Aggrappato al tavolo, appoggiai la testa, rassegnato al piacere che gradualmente cresceva dentro di me sotto le spinte sempre più forti che mi scuotevano e mi facevano capire quanto ancora avevo da imparare... apollodoro15@hotmail.com


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