Gay Erotic Stories

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Attento al gorilla - I

by Ferdinando Neri


Attento al gorilla! Bob non vede l’ora di partire per godersi la sua settimana di vacanza a casa, in Nebraska: ha proprio bisogno di staccare un po’, prima dell’ultima tornata di esami. Dovrebbero esserci più vacanze e meno lezioni. L’autobus partirà tra poco ed al bar della stazione Bob sta scambiando le ultime chiacchiere con Andrew. Non è che badi molto a quello che dice il suo compagno e, forse proprio perché lo vede distratto, Andrew butta lì: - Io so chi è il maniaco. Bob sorride, sa benissimo che Andrew sta scherzando. Non gli sembra tanto un argomento su cui scherzare, il maniaco ha violentato, seviziato ed ucciso tre ragazzi della loro età negli ultimi due mesi, ma Andrew non è capace di prendere nulla sul serio. - Ah sì? E chi sarebbe? Andrew si guarda intorno, poi si china sul tavolo e sussurra, come se davvero stesse rivelando un segreto scottante: - Il gorilla! Bob scuote la testa. Il gorilla è il soprannome che Andrew ed alcuni altri danno a Jason, un loro compagno molto robusto e piuttosto peloso. Non lo dicono ad alta voce e soprattutto non lo dicono a lui, perché Jason ha un buon carattere, ma ha anche una forza micidiale e non sarebbe saggio fargli montare la mosca al naso. A Bob Jason piace, parecchio, anche se non è bello. Piace fisicamente, perché Bob ha un debole per gli uomini forti e pelosi, e piace anche umanamente, perché ne apprezza la riservatezza e la disponibilità. Non è uno che cerca di essere continuamente al centro dell’attenzione, come Andrew, ma è sempre pronto a dare una mano. Bob però non ha nessuna intenzione di far capire i suoi gusti ad altri e meno che mai ad una malalingua come Andrew, per cui decide di stare al gioco. - Ma non mi dire!? Allora possiamo denunciarlo, così ci becchiamo la ricompensa. La ricompensa c’è ed è davvero consistente. L’ha messa il padre del secondo ragazzo ucciso, un pezzo grosso della finanza. - Non ho prove, ma di certo è lui. Pensaci un po’: uno che non ha molti soldi, che è all’università perché ha ricevuto una piccola borsa di studio, che si mantiene agli studi facendo il guardiano notturno nel college dove i suoi compagni se la spassano… secondo me uno così ha accumulato tanto di quell’odio nei confronti degli altri… e ad un certo punto decide di vendicarsi uccidendo i suoi compagni ricchi. Bob scuote la testa e lancia un’occhiata all’orologio appeso alla parete. Pensava fosse più tardi, ma c’è ancora tempo, il suo autobus parte tra mezz’ora. - Non ha mica ammazzato noi, i morti sono tutti di altri college. - Sì, non vuole farsi scoprire, ma prima o poi ammazzerà anche nel nostro college. Andrew si china di nuovo in avanti: - Uno di noi sarà assalito, violentato e barbaramente assassinato, come dicono alla televisione, dal gorilla. Per un attimo Bob ha la visione di Jason che lo assale. Non è un’immagine spaventosa, perché non riesce proprio ad immaginare Jason nel ruolo del maniaco. Essere assalito da Jason, a Bob non spiacerebbe proprio: comunque Jason non avrebbe nessun bisogno di ricorrere alla forza, Bob ci starebbe subito. Andrew guarda il proprio orologio, un Rolex d’oro. - Va bene, è ora che vada. Si alzano entrambi. - A che ora parte il tuo autobus, Andrew? - Tra dieci minuti, alle 22.45. Bob sussulta e guarda di nuovo alla parete. Sono appena le 22.20. Meno male, il suo autobus è alle 22.30. In quel momento gli viene il dubbio: segnava la stessa ora anche prima. Controlla il proprio orologio: sono le 22.35. Quello del bar è guasto! Magari è una settimana che segna le 22.20! - Merda, l’autobus! Bob afferra la sacca e si lancia in una corsa folle, ma quando arriva alla pensilina, il suo autobus è già partito. Andrew sta arrivando. Bob gli si avvicina, sconsolato. Andrew ghigna e Bob gli spaccherebbe volentieri la faccia. - È già partito? Non avevi controllato l’ora? - Quel cazzo di orologio del bar è guasto. Ed adesso? Non ci sono più autobus fino a domani mattina! - Neanche cambiando? - No, neppure cambiando! Merda! - Vorrà dire che passerai la notte al college, solo soletto con il gorilla: che occasione per lui. Andrew sghignazza. - Piantala, stronzo! Bob è nero. Ha perso l’autobus da coglione, per sentire le quattro cazzate di Andrew. Ed ora deve tornare davvero al college e dormire lì ancora una notte. Una settimana di vacanza che si riduce di un giorno. Sbuffa. Andrew sale sull’autobus. - Buona notte, Bob! Attento al gorilla! Bob lo guarda, torvo. - Buon viaggio. Spero che questo pullman si schianti contro un TIR. Una signora che sta salendo lancia uno sguardo indignato a Bob, che intanto si allontana. Ci vuole una mezz’ora per arrivare al college. Potrebbe prendere un autobus urbano, ma non ne ha voglia: camminare gli farà smaltire un po’ la rabbia, tanto la sacca è leggera. Mentre esce dalla stazione, tira fuori il cellulare ed avvisa i suoi. Poi, mugugnando contro la propria dabbenaggine e contro Andrew, si dirige verso il college. La cittadina, un centro universitario, è deserta. La settimana di vacanza è incominciata, quasi tutti gli studenti sono già partiti in mattinata, gli altri sono alla stazione e stanno aspettando gli autobus notturni. Al college ci sarà davvero solo Jason. Bob cammina, perso nei propri pensieri. Non nota l’uomo, seduto al posto di guida in un’auto parcheggiata su un lato della strada. Ma l’uomo lo segue con lo sguardo e quando Bob svolta in un’altra via, mette in moto e gira allo stesso incrocio. Accosta e si ferma prima di raggiungere Bob. L’operazione si ripete due volte, senza che Bob si accorga di nulla. Arrivato alla porta del dormitorio del college, Bob suona. Gli apre Jason. - Bob, che fai qui? Non dovevi partire? Bob entra, senza sapere che l’auto si è fermata ad un centinaio di metri dall’ingresso, con i fari spenti. - Non me ne parlare, Jason. Sono una testa di cazzo. Ho guardato l’orologio del bar alla stazione e non ho realizzato che era fermo. Così ho perso l’autobus. Jason non ride di lui. - Mi spiace, Bob. Non ce n’è un altro fino a domani? - No, pazienza, dormirò qui. - Peccato, sprechi una giornata per il viaggio. Bob annuisce e poi pensa che Jason non va a casa, deve rimanere a fare il custode anche adesso che sono tutti via. Jason vede la sua famiglia una volta l’anno, ma non si lamenta. - Vado a dormire, Jason. Domani l’autobus parte presto, alle sette. E quello non voglio proprio perderlo. - Vuoi che ti svegli? - Grazie, Jason, sei un amico, ma non è necessario. Non ho il sonno così duro da non sentire la sveglia. Imposto il cellulare ed è fatta. Jason sorride. Ha un bel sorriso, franco. - Sogni d’oro, Bob. Nessuno disturberà il tuo riposo, questa notte: sei l’unico ospite. - Sogni d’oro anche a te. Per un momento Bob si dice che potrebbe fermarsi con Jason, chiacchierare un po’ con lui, magari potrebbe anche succedere qualche cosa... Ma Bob non osa, non ha mai avuto rapporti, non è il tipo che si fa avanti, non conosce i gusti di Jason. E poi è tardi, ora di mettersi a dormire, domani deve alzarsi alle sei. Sale al primo piano, dove sono le camere. È irreale il silenzio che regna nel dormitorio. Le porte delle stanze tutte chiuse, nessuna luce se non quella del corridoio, che ha acceso Bob, nessun rumore, nessuna voce. Irreale ed un po’ inquietante. Bob accende la luce nella propria camera ed esce a spegnere quella del corridoio. Prima di rientrare, guarda dalla finestra, che dà sulla strada. La via è deserta, c’è una macchina ferma non molto lontano, sotto un albero. Strano, Bob non l’ha notata arrivando, avrebbe dovuto passarci proprio accanto. Non si può vedere se c’è qualcuno nell’auto, la luce del lampione non arriva fino là. Nella via ci sono solo due edifici universitari, che in questi giorni sono deserti: non c’è nessuna finestra illuminata. Chi può essere arrivato? Bob è inquieto, non sa neppure lui perché. I discorsi di Andrew, quella testa di cazzo! E doppia testa di cazzo lui che è stato a sentirlo e così ha perso l’autobus! Rientra in camera, si spoglia ed imposta il cellulare perché la sveglia suoni alle sei. Spegne la luce, ma prima di coricarsi decide di fare un salto in bagno. Dalle finestre del corridoio entra abbastanza luce, non occorre accendere. Bob svuota la vescica e rientra. Tornando guarda ancora dalla finestra. La strada è deserta, ma l’auto è sempre là. Perché non dovrebbe essere là? Se l’hanno parcheggiata, ci rimarrà finché il proprietario non la riprenderà. Bob rientra in camera e si mette a dormire. L’inquietudine si dissolve e rapidamente sprofonda nel sonno: ha vent’anni, non fa fatica ad addormentarsi. Eppure il suo sonno non è tranquillo, perché dopo un po’ si sveglia. Ha l’impressione di aver sentito un rumore. Rimane un attimo in ascolto, ma tutto tace, il silenzio è tanto completo, che sembra di poterlo sentire. Di nuovo un rumore. Bob sussulta, questa volta non si è sbagliato. È come se qualcuno avesse aperto una porta. - Sei tu, Jason? Nessuna risposta. Bob si alza. È buio nella stanza, ma Bob non accende la luce. Quei discorsi cretini di Andrew lo hanno agitato, adesso si immagina chissà che cosa. Sarà Jason che gira, quello è davvero capace di fare un giro di controllo, invece di dormire, è uno che prende sul serio tutto, lo studio, il lavoro, la vita. Ma se è Jason, perché non risponde? Bob fa due passi verso la porta. Si ferma, poi avanza ancora ed appoggia l’orecchio, rimanendo in ascolto. Niente, silenzio assoluto. Bob mette la mano sulla maniglia. Apre. Il cuore sta correndo. Pensa al maniaco. Stronzate! Esce nel corridoio. Nessuno. Che cosa si aspettava? Il maniaco? Jason con un coltello in mano, pronto a stuprarlo e seviziarlo, prima di ucciderlo? Bob è ancora agitato. Accende la luce nel corridoio. No, non c’è davvero nessuno. Adesso però nota una cosa: la porta della stanza di Matt e Gary è socchiusa. Gli era parso che le porte fossero tutte chiuse. Matt e Gary sono partiti tutti e due in mattinata, no? Matt sì, certamente. Gary andava prima a Princetown, magari ha perso anche lui l’autobus o ha cambiato idea ed è tornato a dormire nel college. Ecco tutto. Ha fatto piano per non disturbare, ma Bob lo ha sentito. Bob fa per spegnere la luce, ma è ancora dubbioso. Fa un passo verso la porta della camera di Gary, poi si ferma. È agitato. Quello stronzo di Andrew con i suoi discorsi sul maniaco! Bob si dice che è proprio un coglione, ma a questo punto, se non controlla, non dormirà tranquillo. Respira a fondo ed arriva fin sulla soglia. Spalanca la porta, in modo che la luce nel corridoio illumini l’interno. Nessuno. Allora, come mai la porta è aperta? Accende la luce ed entra.

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19 Gay Erotic Stories from Ferdinando Neri

Attenti al gorilla - II

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Attento al gorilla - I

Attento al gorilla! Bob non vede l’ora di partire per godersi la sua settimana di vacanza a casa, in Nebraska: ha proprio bisogno di staccare un po’, prima dell’ultima tornata di esami. Dovrebbero esserci più vacanze e meno lezioni. L’autobus partirà tra poco ed al bar della stazione Bob sta scambiando le ultime chiacchiere con Andrew. Non è che badi molto a quello che dice il suo compagno

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Cacciatori e prede - Parte II

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Domande Pericolose

Domande pericolose Un racconto rosso di Ferdinando Neri Appoggiato al muro del cesso, tengo gli occhi chiusi e cerco di calmarmi. Non ê facile. Non ê facile. Ho fatto una cazzata ed ora mi sento morire. E dire che questa mattina ero cosî contento all’idea che finalmente ê arrivata l’estate: tra tre giorni la scuola finisce ed incominciano le vacanze. Tutti gli anni questo ê il momento

Domande pericolose - Parte II

Si porta due dita alla bocca, le infila dentro, le lecca ben bene, quasi leccasse qualche cos’altro, che adesso non vede piû, perché Bondi ê voltato (ma questo va bene, perché cosî mette in vista qualcosa di altrettanto bello) e poi le sfrega lungo il solco, arriva alla fessura e, senza stare a pensarci, le spinge dentro. Il ragazzo ha un sussulto, si tende, ma ormai ê troppo tardi. E poi

Il diavolo custode

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Il diavolo custode - Parte II

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Il grizzly

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Il grizzly - Parte II

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Il Regalo di Compleanno

Il regalo di compleanno ovvero Le disavventure di Ferdinando Neri (quello sbagliato) Uno scherzo in rosso di Ferdinando Neri da un’idea di Monica B. - E lui mi dice: “Ma sei fuori di testa? A me piacciono le donne!” Ed io gli rispondo: “Non l’hai mai fatto con un uomo?”. E quello: “Figurati, io?!”. “Beh, non sai che cosa ti sei perso, amico. Ma non ê troppo tardi per rimediare.” Lui rimane

Il regalo di compleanno - Parte II

Un libro erotico ê un libro erotico, insomma, non si scrive un libro erotico. Evidente, no? - Pietro, io non leggo nemmeno libri erotici, figurati scriverli! Semplice, chiaro, perfetto! Ferdinando era proprio contento di essersela cavata in modo cosî brillante. - Non leggi libri erotici? Nemmeno uno ogni tanto? Tanto per stuzzicare l’appetito… - No. Ferdinando non sapeva come

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Fino a dieci anni vissi a casa di mastro Rocco, il fabbro. Ad allevarmi furono suo figlio Giovanni e la moglie Chiara. Non ero loro figlio: ero stato lasciato sulla soglia dell’abitazione in una notte d’autunno, avvolto in una coperta. Non mi avevano raccolto solo per pietà, come intuii da alcuni loro discorsi: in qualche modo ero anch’io parte di quella famiglia ed infatti c’era una certa

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Missione ad Abu Hadar

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Web-01: vampire_2.0.3.07
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