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L'apprendista - Parte II

by Ferdinando Neri


Luca lasciô al mio corpo il tempo di adattarsi a quell’intruso benvoluto, poi prese a spingere, sempre delicatamente, ed il suo movimento continuô a lungo, tanto a lungo da stordirmi. Le spinte diventavano piû energiche ed io, senza quasi rendermene conto, gemevo, ma gemevo di piacere puro. Luca penetrava a fondo e si ritirava, in un continuo avanti ed indietro. Ad un certo punto la tensione divenne insopportabile e sentii dentro di me un’esplosione di piacere. Venni, lanciando un grido, mentre il mio seme si spargeva sulla stuoia e l’uccello vigoroso di Luca continuava a scavare nel mio culo. Luca allora impresse un ritmo piû serrato alle sue spinte, regalandomi altro piacere. Infine anche lui venne ed io sentii il suo seme riempirmi le viscere. Gemetti di nuovo. Luca rimase disteso su di me. Sentii la sua voce che sussurrava al mio orecchio: - Ti ho sempre desiderato, Marco. Io ero stordito dalle sensazioni intensissime che avevo provato e da quella, fortissima, dell’uccello di Luca ancora dentro di me, nella mia carne. Avrei voluto che rimanesse lî per sempre. Mi scossi e risposi, dicendo la verità: - Anch’io. Poi aggiunsi: - Credo fin dal primo giorno, anche se l’ho capito solo anni dopo. Ora che avevamo incominciato a parlare, venne il tempo dei chiarimenti. - Come mai sei scomparso, Marco? Non vedendoti ritornare ti ho creduto morto. È stato atroce. - Pensavo che ti avessero ucciso nella capanna, quella notte. Sono scappato. - Sei stato tu ad uccidere Ettore, vero? - Sî, ti aveva tradito. - Lo so. Venne il mio turno di chiedere: - In che modo ti salvasti? Loro erano convinti di averti ucciso! - Merito tuo. Quella notte il tuo comportamento mi aveva turbato, molto. Ti eri accorto che avevo scopato con Ettore la sera prima, vero? - Sî. - L’avevo capito. Mentre ero nella tinozza, tu mi fissavi… Pensai che forse quella sera avremmo… fatto quello che abbiamo finito di fare ora. Ma quando uscii dalla tinozza scappasti come se avessi voluto ucciderti. Allora mi rivestii e decisi di aspettarti fuori dalla capanna, all’ombra della farnia. Potevo vedere la porta della capanna, anche se fossi arrivato da un’altra direzione, ti avrei visto. Passô molto tempo, poi sentii che qualcuno si avvicinava, furtivamente. Pensai che potessi essere tu, poi mi resi conto che erano diverse persone e capii che ero in pericolo. Mi nascosi e li vidi arrivare. Circondarono la capanna e le diedero fuoco. Mi aspettavano fuori con le lance, senza sospettare che io fossi a pochi passi da loro, ma tra gli alberi. Rimasi ad assistere. Temevo che tu ritornassi mentre loro erano ancora lî, che ti uccidessero. Ascoltavo senza perdere una parola. - Ad un certo punto li sentii gridare: avevano trovato il cadavere di Ettore. A quel punto sapevano che c’era qualcuno fuori dalla capanna. Incominciarono e cercare e dovetti allontanarmi. Ma rimasi tutta la notte nelle vicinanze, sperando che tu tornassi. Il mattino tornai in città, convinto di ritrovarti qui. Ma non c’eri. Fece una pausa e concluse: - Adesso c’ê stato un accordo. Non ci si ammazza piû. Ho ripreso a dormire tranquillo. Ma quante notti non ho dormito, pensando a te! Luca mi chiese ed io gli raccontai brevemente del mio anno con Bernardo. Non gli dissi tutto, ma capî anche quello che accennai soltanto. Non intendevo nascondergli nulla. Luca mi baciô ancora, poi uscî da me. Provai un senso di abbandono. - Saliamo in casa. Io ho bisogno di lavarmi. Luca si lavava spesso, piû di quanto facessero gli altri uomini. Prese dalla fornace un secchio d’acqua che aveva messo a scaldare. Io lo fissavo, guardavo quel corpo splendido ed il sesso, proteso in avanti, quasi eretto. Anch’io sentivo dentro di me l’eccitazione crescere. - Prendi gli abiti, Marco. Eseguii. Luca si diresse alla scala interna che conduceva in casa. Guardai il suo culo, forte, vigoroso, coperto da una leggera peluria nera. Ora ce l’avevo di nuovo duro. Luca versô il secchio nella tinozza, ci aggiunse due secchi di acqua fredda e mi disse di entrare. Fu lui a lavarmi ed il contatto delle sue mani moltiplicô il mio desiderio. Le sue dita indugiarono a lungo sul mio culo, sui coglioni, sull’uccello ed infine le sue carezze mi fecero venire. Io uscii. Ora anche Luca ce l’aveva duro come una pietra. Entrô in acqua e si lavô, mentre io guardavo, come quella sera di un anno prima, troppo frastornato per muovermi. Poi Luca uscî dall’acqua e, sorridendo, mi mise le mani sulle spalle, facendomi inginocchiare davanti a lui. Mi trovai davanti alle labbra il suo uccello ardente e lo presi in bocca. Non lo avevo mai fatto, ma fu la cosa piû naturale di questo mondo. Accarezzai con la lingua, baciai, leccai, succhiai, lasciandomi guidare dall’istinto, mentre le mie mani stringevano il culo di Luca. E di nuovo pensai che quello era l’uccello di mio padre, dell’uomo che mi aveva generato. Luca mi accarezzava la testa. Ad un certo punto emise un suono inarticolato. Lo fece tre volte ed infine sentii il suo seme che si spandeva nella mia bocca. Inghiottii, felice. Ripulii con cura, succhiando ogni goccia. Poi lasciai la mia preda ed alzai lo sguardo su Luca. Mi fissava, sorridendo. Mi fece alzare e mi baciô sulla bocca. - Direi che sei un ottimo apprendista, Marco. Ed intendo insegnarti tutto quello che so. In fondo, ê quello che dovrebbe fare ogni buon padre, no? Sono passati sette anni ed ho davvero imparato tutto ciô che mio padre sa: sul lavoro sono in grado di svolgere anche i compiti piû impegnativi. Non ho perô smesso di apprendere, sperimentando insieme a Luca: non di rado, dopo aver chiuso la bottega, proviamo nuove tecniche che ci consentano di migliorare la nostra produzione. La bottega ê ormai conosciuta in tutta Asti e talvolta viene gente da altre città. Anche quando ci dedichiamo l’uno all’altro, ci piace provare. Ormai sono forte quanto Luca e talvolta ci affrontiamo in una lotta che ê un preludio ai nostri giochi amorosi. C’ê sempre in palio qualche cosa, perché ad entrambi piace questa gara. Mio padre vince quasi sempre, perché, benché non sia piû forte di me, ê piû esperto nella lotta. Ma mi insegna i suoi trucchi, in modo che io impari, pur sapendo che in questo modo finirà per perdere. Il nostro rapporto ê cambiato, io non sono piû un ragazzo, ma un uomo, e da qualche tempo mi sono reso conto che ormai, pur piacendomi molto essere posseduto da mio padre, desidero anche possedere il suo corpo. Tre settimane fa lo sfidai alla lotta e gli dissi che cosa volevo. - Se vinco, mi succhi il cazzo. Luca sorrise: se lo aspettava, aveva visto crescere il mio desiderio. Non si tirô indietro, pur sapendo benissimo che prima o poi sarebbe successo. In fondo anche lui lo desiderava. Rilanciô la sfida: - Va bene. Se perô vinco io, invece, bevi il mio piscio. Sapeva benissimo che non avrei detto di no, ci era già capitato alcune volte di giocare con il piscio, in cortile o nella tinozza e qualche domenica nel bosco. Era un modo di scherzare, ci irroravamo l’un l’altro per gioco. Piû di una volta era stato il premio in palio per il vincitore della lotta, che pisciava addosso all’altro: mio padre mi bagnava dalla testa ai piedi e poi mi lavava accuratamente, come fossi un bambino piccolo. Ed io magari gli pisciavo addosso mentre lui era chinato a lavarmi ed allora ci rotolavamo a terra avvinghiati, lottando, finché il desiderio non diventava troppo forte. Anche quella volta Luca vinse ed io mi inginocchiai ubbidiente a pagare pegno. Luca non fu in grado di prendersi subito la sua vittoria, perché la lotta lo aveva, come sempre, eccitato. Perciô dovetti pagare un pegno supplementare e costringere alla ragione il suo uccello vigoroso. Non era un compito difficile, quel bel boccone di carne che conoscevo cosî bene chiedeva solo di essere catturato e divorato da una bocca famelica. Quando infine ebbi avuto la meglio ed ebbi gustato il seme che conoscevo bene, mio padre mi fece bere la nuova bevanda che aveva in serbo per me: fu piacevolissimo. Mi resi conto di desiderarlo, intensamente, e da allora l’abbiamo fatto diverse volte. Una settimana dopo riuscii a vincere io. Mio padre accettô di buon grado la sconfitta, si inginocchiô davanti a me, mi prese in bocca l’uccello ed incominciô a leccare e succhiare. Fu una sensazione fortissima, un piacere tanto possente da ottundermi i sensi. Non sapevo piû dov’ero, che cosa facevo, sapevo solo che la bocca di mio padre, le labbra di mio padre, la lingua di mio padre avvolgevano, accarezzavano, baciavano il mio sesso sempre piû teso. Quando venni, gli misi una mano dietro al collo per impedirgli di togliere la testa, anche se sapevo benissimo che non si sarebbe ritirato. Volevo che bevesse, come io avevo bevuto, molte volte. Quando le ultime gocce uscirono, Luca dovette sostenermi, perché mi sentii mancare. Mi ci volle un buon momento perché fossi di nuovo in grado di parlare ed allora dissi: - Spero che ti sia piaciuto il mio cazzo, perché presto lo gusterai anche con il culo. Luca lasciô la preda e disse, sorridendo: - Te lo dovrai conquistare!

La sfida successiva fu ovviamente per il culo di Luca. Bisognava decidere quale sarebbe stato il premio per mio padre, se io avessi perso. Lui propose di frustarmi ed io accettai la sua proposta. L’avevamo fatto alcune volte, per gioco, colpendoci con la cinghia, ma in modo molto leggero. Solo in qualche occasione i colpi erano stati un po’ piû forti. Io persi due volte e Luca mi frustô. Pochi colpi, non dati con tutta la forza che mio padre possedeva, ma abbastanza decisi da costringermi a stringere i denti per non urlare. Non mi aspettavo un dolore cosî acuto: quando Luca mi aveva frustato per gioco (o quando io lo avevo fatto a lui), i colpi erano stati solo carezze un po’ brusche e la sofferenza era inferiore al piacere, come quando lui mi sculacciava o quando mi mordeva con forza il culo. Eppure quei colpi tesero il mio uccello allo spasimo, senza che nemmeno io capissi il perché. Ad ogni colpo il mio corpo aveva un guizzo, quasi desiderasse fuggire, ma aspettava con ansia il colpo successivo e quando Luca si fermô, provai l’impulso di chiedergli di continuare. Dopo che ebbe finito, Luca mi prese, martoriandomi il culo con le sue mani forti. E di nuovo quella sofferenza fu piacere, che si accumulava a quello che mi dava il suo uccello dentro di me. Poi Luca mi fece alzare e si chinô davanti a me. Mi prese l’uccello in bocca e, come quando avevo vinto nella lotta, lo percorse con le labbra e la lingua. Le sue mani mi stringevano il culo, rinnovando il dolore dei colpi ed aumentando la mia eccitazione. Io gli accarezzavo i capelli, glieli stringevo e gemevo. Infine venni nella sua bocca. Per parecchi giorni ho conservato il segno delle frustate e quelle che Luca mi ha dato la seconda volta sono ancora ben visibili. Spero che ne vengano altre.

Oggi ho nuovamente vinto. Quando ho capito di aver bloccato Luca in una posizione da cui non era piû in grado di alzarsi, ho avuto un senso di vertigine. Stavo per possedere mio padre, per penetrarlo. L’ho liberato e gli ho detto: - Stenditi. Luca mi ha sorriso. Io ero troppo teso per sorridergli. Nella mia testa c’era un vuoto totale, in cui solo risuonavano le parole: “Adesso gli metto il cazzo in culo. Adesso metto il cazzo in culo a mio padre”. Luca si ê messo a pancia in giû ed ha allargato le gambe. Ho guardato quel culo forte, la peluria che lo ricopriva, ho poggiato le mani sulle natiche e lo ho divaricate, ho fissato l’apertura che stavo per forzare. Di nuovo mi sembrava che la testa mi girasse, ma il mio desiderio era tanto forte che rischiavo di venire prima ancora di entrare. Sapevo che mio padre aveva avuto alcuni rapporti, quando era ragazzo, ma da molti anni nessuno lo aveva piû penetrato. Ho accostato la cappella all’apertura, poi l’ho allontanata ed ho avvicinato la bocca al culo, ho passato la lingua lungo il solco tra le natiche, piû volte, leccando con cura il buco che stavo per riempire. Mi sono bagnato la cappella con la saliva ed ho detto: - Sto per spaccarti il culo, padre. Non avevo nessuna intenzione di fargli male e lui lo sapeva, ma sentivo il bisogno di dirglielo, di sottolineare ciô che stava avvenendo. - Accomodati, la preda ê tua. Ho riso, inebriato dalla sensazione di potere. La punta premeva contro la carne. - Senti il mio cazzo, Luca? Sta per entrare! E con queste parole ho spinto. Non volevo fargli male, ma gliene ho fatto, perché non ero in grado di controllarmi. Ho affondato il mio uccello in quella carne che si apriva, fino in fondo, con un unico movimento. Ho sentito la tensione del corpo di Luca. Sono ritornato lucido. - Ti ho fatto male? - Esci un momento, per favore. Ho ubbidito. Poi mio padre mi ha detto che potevo riprendere e nuovamente sono entrato, cercando di muovermi con maggiore cautela. Quando sono arrivato in fondo, ho passato le braccia intorno a Luca e l’ho stretto forte. Sono rimasto un buon momento cosî, poi ho incominciato a mordicchiarlo sul collo, a baciargli un orecchio, ad accarezzarlo, a pizzicargli il culo. E poi ho smesso di fare altro ed ho preso a muovermi dentro di lui, avanti ed indietro, e null’altro esisteva al mondo, se non quel culo che accoglieva il mio uccello. In questi anni ho goduto con mio padre in modo intensissimo e ci sono stati momenti in cui il piacere era tanto forte da togliermi il fiato, ma le sensazioni di oggi sono state ancora piû violente. Mi sembrava che ad ogni spinta tutto il mio corpo entrasse dentro di lui e che tutta la mia pelle mi trasmettesse piacere e nient’altro che piacere. Sono venuto dentro di lui, lanciando un grido. Sono rimasto a lungo steso sul suo corpo, assaporando la perfezione del momento. Poi Luca ed io ci siamo girati, in modo che io sono rimasto sotto, il mio uccello ancora in culo a Luca, e lui sopra. Ho incominciato ad accarezzargli il sesso. Mio padre ha un bello spiedo, vigoroso e grande, ed era bellissimo accarezzarlo mentre gli tenevo il mio uccello in culo. L’aveva già duro e le mie carezze hanno completato l’opera. È venuto, spandendo il seme sul ventre. Io ho guardato le gocce tra i peli e le ho raccolte, una per una, con le dita, portandomi ogni volta le dita alla bocca. L’uccello mi era diventato di nuovo duro e Luca si ê accorto che premeva sempre di piû dentro di lui. - Vuoi fottermi di nuovo? Ho sorriso. - Sî. - Mi hai vinto una volta sola, ma va bene. Ci siamo nuovamente girati e l’ho preso di nuovo, con minore foga e piû dolcezza e questa volta siamo venuti insieme.

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