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Missione ad Abu Hadar - part II

by Ferdinando Neri


La pressione della lama sul collo di David aumentô leggermente, poi diminuî e David annuî. Allora la mano che gli chiudeva la bocca si allontanô. David abbassô lo sguardo sul pugnale e, benché la mano celasse una parte dell’elsa, ammirô il raffinato lavoro dell’orafo ed i due grandi rubini che costituivano gli occhi dell’animale favoloso. Non si stupî di vedere il pugnale in mano a Lucien, si stupî piuttosto del proprio torpore mentale, di aver rinunciato a cercare di capire, collegare, ragionare. Ora la sua mente stava recuperando, rapidamente. La seconda prigionia di Lucien si era conclusa il giorno precedente, la prima era avvenuta un mese prima, esattamente quando il pugnale era stato rubato. La prigione per i personaggi importanti e gli europei era nel palazzo, nella stessa ala della camera del tesoro. Non doveva esserci nessuna comunicazione diretta, per quello che ne sapeva David, ma la distanza in linea d’aria era minima. In qualche modo Lucien sapeva come superarla. Per due volte Lucien era uscito dalla prigione con il pugnale nascosto sul corpo. Non era stato tanto stupido da farsi arrestare per ubriachezza, si era fatto imprigionare per raggiungere il suo scopo. L’unico stupido era lui, David, a non averlo capito prima. Come Lucien fosse riuscito a passare dalla sua cella alla camera del tesoro, questo non poteva saperlo, probabilmente con la complicità di… - Stenditi sul letto, pancia in giû, gambe larghe. Le parole di Lucien cancellarono ogni pensiero. Una vertigine di smarrimento lo prese, svuotandolo di ogni forza. Smarrimento? O desiderio? Perché il suo corpo, stremato ed ansimante, come se avesse compiuto uno sforzo immane, si stava accendendo. Il momento era giunto. David intuiva che nulla avrebbe potuto fermare Lucien. E sapeva che non desiderava fermarlo. Barcollando, eseguî l’ordine. E mentre si abbandonava sul letto, spossato, David si accorse di non riuscire a formulare un pensiero. Soltanto ritornava nella sua mente, ossessiva, la parola: “Adesso”. Non poteva vedere Lucien, ma lo sentî salire sul letto, dalla parte opposta a quella verso cui era rivolta la sua faccia. Sentî la bocca di Lucien sul suo collo, il morso leggero, la carezza della lingua, che scorreva fino alla linea dei capelli, poi scivolava verso un orecchio, si incuneava dentro, passava all’esterno, scompariva, per lasciare il posto ai denti che mordicchiavano il lobo, solo allora David pensô: “Sta per incularmi ed io non l’ho nemmeno visto nudo, non so com’ê il suo cazzo.” Cercava parole dure, per restituire realtà a ciô che gli stava avvenendo, ma tutto sembrava galleggiare nel vuoto. Ora che non c’era piû nessun contatto tra i loro corpi, le parole erano solo parole, prive di ogni concretezza. Allora girô la testa di lato, verso Lucien, per guardarlo. Lucien era seduto sull’orlo del letto e lo contemplava. Sorrideva con gli occhi e con la bocca, mentre allungava il braccio. La sua mano incominciô a percorrere la curva della schiena di David, incendiandogli la pelle. Lo sguardo di David si spostô verso il ventre di Lucien e si fermô sul membro voluminoso. Guardô la cappella rossastra, la pelle piû scura dell’asta. Pensô soltanto: “Sî, quello ê il suo cazzo, quello che mi metterà in culo”. Ma le parole rimanevano solo parole, prive di contatto con la realtà. Nuovamente la sua testa sembrô svuotarsi di ogni pensiero ed il momento presente svanire. Girô il capo e si abbandonô sul letto. Il morso alla natica sinistra lo fece sussultare, ma a strappargli un gemito fu la lingua, che ora scorreva decisa nell’incavo tra le natiche, premeva sull’apertura segreta, sembrava davvero volerla forzare, si spostava verso l’alto, scendeva nuovamente, ma quasi ignorava il luogo in cui prima aveva indugiato, per raggiungere un’area piû in basso, dove accarezzava e sfiorava, poi erano nuovamente i denti in azione, che mordevano decisi. David non avrebbe saputo descrivere le sue sensazioni, troppo forti, troppo inusuali. Mai, prima di allora, il suo corpo era stato nelle mani di un altro essere umano. Aveva fatto l’amore, piû volte, con diverse donne. Ma non aveva mai conosciuto quell’abbandono, quel senso di completa sottomissione, che stava crescendo in lui. Il suo corpo aveva un padrone, che avrebbe fatto di lui quello che voleva, tutto quello che voleva. Qualsiasi cosa avesse voluto quel padrone, David sapeva che il suo corpo non avrebbe opposto resistenza.

*

Il desiderio premeva, violento, ma Lucien non voleva cedere: voleva gustare ogni attimo di quel rapporto. Sapeva che stava per cogliere un frutto che nessuno aveva mai colto: glielo diceva il suo istinto ed in questo era infallibile. E voleva che anche per David quel momento fosse indimenticabile. Leggeva, nell’abbandono completo di David, che il ragazzo provava un desiderio non inferiore al suo, ma era un desiderio che ancora non conosceva se stesso. Lucien si era detto che avrebbe preso David comunque, quel giorno, che era pronto a violarlo, se avesse opposto resistenza: voleva vendicarsi per il modo in cui David si era servito della seduzione per batterlo, beffandolo. Ma mai nella sua vita aveva violato un corpo: un frutto colto a forza gli sarebbe apparso privo di gusto. Ora che lo vedeva cosî completamente disarmato, incapace di lottare, ogni desiderio di rivalsa svaniva e nasceva in lui una sensazione nuova, un desiderio di proteggere quel corpo. Il giovane non era piû il temibile agente segreto che lo aveva beffato, ma un ragazzo che scopriva i propri desideri, che si confrontava con il piacere. A lungo le sue mani, la sua lingua, le sue labbra, i suoi denti accarezzarono, strinsero, solleticarono. Lucien tenne a freno il desiderio impetuoso di entrare in David, mentre i suoi attacchi travolgevano ogni difesa, incendiavano ogni postazione, facevano esplodere ogni mina. Non c’era piû nessuna resistenza, nessuna remora, neppure la naturale ritrosia di un corpo che non ê mai stato violato. Lucien riconosceva in David solo il desiderio sconfinato di aprirsi, di essere posseduto. Stringendo forte il culo del ragazzo con le dita, avvicinô la cappella allo sfintere. Ammirô la perfezione di quella piccola apertura che stava per forzare, l’anello di carne vergine che attendeva impaziente il supplizio. Appoggiô appena la punta del membro sull’apertura e con un movimento lentissimo, ma inesorabile, introdusse la punta. Il corpo di David non si tese, sembrô invece afflosciarsi ancora di piû, in un abbandono totale. Lentamente Lucien avanzô, spingendosi oltre, sentendo la carne che cedeva a fatica. Poi arrestô il movimento. Lucien passô un’unghia sulla schiena di David, tracciando un leggero segno rosso sulla pelle, poi morse con violenza la spalla e, mentre il corpo di David sussultava, spinse a fondo. Ci fu un gemito, mentre il palo avanzava. La carne cedeva al dominatore che prendeva possesso dei suoi territori. Ed allora Lucien tornô indietro, estrasse quasi completamente la sua arma dalla guaina di carne che l’avvolgeva, per poi proiettarla in avanti, di nuovo con lentezza. Tornô ancora indietro, mentre David gemeva, piû forte, incapace di contenere un piacere che debordava. Spinse ancora piû forte, penetrando piû a fondo, in territori mai raggiunti, dove il suo arrivo era spasmodicamente atteso. Ancora una volta ritornô indietro, con lentezza, suscitando nuovi gemiti, poi la lancia trapassô la carne senza pietà, spingendosi fino all’estremo limite. Sentî David singhiozzare. Ora che aveva conquistato la postazione ed annientato il nemico, le sue mani ripresero la loro opera, infilandosi sotto il corpo di David, tormentando i capezzoli, accarezzando il ventre, solleticando i coglioni, vellicando l’uccello, teso e fremente. A lungo rimasero cosî, poi Lucien si girô su un lato, guidando David a fare altrettanto. Incominciô a muovere il palo avanti ed indietro nella carne che cedeva, mentre la sua mano accarezzava l’uccello di David, in modo rude. Sentî che la tensione nel corpo di David cresceva e regolô i suoi movimenti in modo che i loro corpi raggiungessero insieme la meta finale. Quando sentî che David aveva superato il punto di non ritorno, spinse con forza, strappandogli un nuovo gemito ed insieme versarono il loro seme, Lucien nelle viscere di David, David sul proprio corpo. Lucien si rovesciô sul dorso, tenendo David stretto a sé, ed aspettô che i battiti frenetici dei loro cuori si calmassero. La sua arma rimase dentro David e la sensazione dell’anello di carne calda lo accese nuovamente. Il gioco era appena agli inizi.

*

Era molto tardi quando infine Lucien parlô. Non aveva piû pronunciato una parola, dopo l’ordine impartito a David di stendersi. Tre volte lo aveva posseduto, senza mai uscire da lui. Ora erano nuovamente stesi a letto, avvinghiati l’uno all’altro, sporchi di seme e madidi di sudore. - Ed ora, David, voglio una promessa. Con fatica, David riemerse dal gorgo in cui era sprofondato ore prima. Era ormai vicino alla superficie, ma prese contatto con la realtà controvoglia. - Dimmi. - Prometti che di qui all’arrivo a Londra non farai nessun tentativo di denunciarmi o di impadronirti del pugnale. David avrebbe promesso qualunque cosa. Sapeva di non avere piû una volontà propria. Ma ebbe ancora un guizzo del David di alcune ore prima. - E se non prometto? - Se non prometti, mi spiace dirlo, ma dovrô tagliarti la gola e poi getterô il tuo cadavere in mare. Prima di ucciderti, comunque, ti inculerô un’altra volta, cosî il dolore del venire sgozzato sarà in parte compensato dal piacere dell’essere inculato. David sapeva benissimo che Lucien non l’avrebbe fatto, ma non aveva piû nessun interesse nei confronti di tutto ciô che non era il corpo che lo stringeva. Il pugnale, i servizi segreti di Sua Maestà, le prospezioni petrolifere, e chi piû ne ha, piû ne metta, tutto poteva scomparire. Perché a lui in quel momento interessava soltanto quel corpo a contatto con il suo, dietro il suo, dentro il suo. - Tutto sommato, credo che prometterô. - Mi sembra una scelta ragionevole. Quella notte David dormî prigioniero in solide catene di carne: due braccia muscolose che lo avvolsero e, per maggiore sicurezza, un palo che periodicamente entrava dentro di lui. A dire la verità David dormî molto poco, soprattutto per colpa di quel palo. E se vogliamo dire tutta la verità, non gli passô per la testa, nemmeno per un momento, di cercare di evadere dalla sua prigione.

*

Risvegliarsi con un corpo caldo tra le braccia, ê un bel risveglio. A Lucien piaceva sempre e, se era possibile, amava trascorrere la notte con l’uomo, il ragazzo o la donna con cui aveva goduto: scelta che poteva essere alquanto rischiosa, come sapeva anche per esperienza, visto che era già stato sorpreso a letto dal fratello di un ragazzo (situazione risolta brillantemente, trasformando un duetto in un terzetto, molto soddisfacente), da una moglie (fortunatamente disarmata, altrimenti l’uscita di scena di Lucien avrebbe potuto essere meno dignitosa e soprattutto cruenta) e da una fidanzata (in quel caso Lucien era stato sicuro di aver provocato una rottura di fidanzamento, che perô poi non aveva avuto luogo). Lucien assaporô quel momento. Era bello sentire il respiro leggero di David, che ancora dormiva. Avevano parecchi giorni davanti a sé e Lucien, anche se non aveva un programma preciso, era sicuro che sarebbe stato un periodo intenso e ricco di soddisfazioni. Non c’era nulla di piû bello che guidare un giovane esploratore in un territorio per lui sconosciuto, fargli scoprire le meraviglie ed i pericoli di una nuova terra, aiutarlo ad inventare i propri percorsi ed a trovare i mezzi per soddisfare le sue esigenze piû profonde. Lucien amava dare piacere, era una sensazione spesso piû inebriante del piacere stesso. Sapeva che a David avrebbe potuto insegnare molto. E David avrebbe imparato tanto, non solo perché aveva un buon maestro a disposizione (modestia a parte, Lucien poteva dirsi tale e molti lo avrebbero definito eccellente), ma anche perché era un allievo volenteroso e dotato. Lucien si disse che per quel mattino avrebbero potuto esplorare il territorio di lingua, labbra e denti, un’area interessante, ricca di risorse, che valeva la pena di conoscere a fondo. Quel giorno, ed i seguenti, David si dimostrô un ottimo allievo, grazie anche all’esperienza della sua guida. Insieme percorsero molte strade e David scoprî un paese immenso, che gli appariva sempre piû vasto, man mano che vi si addentrava.

*

Avevano ormai quasi raggiunto Malta ed ogni nuovo giorno aveva un dono in serbo per David: un sentiero sconosciuto, un paesaggio di cui a volte aveva appena sospettato l’esistenza, un’oasi le cui acque fresche lo allettavano, una cima elevata da conquistare. E dopo ogni esplorazione, i loro corpi rimanevano vicini, mai sazi di quel contatto. Quel pomeriggio, le mani di David accarezzavano la schiena di Lucien, percorrendo i segni delle frustate, ormai appena visibili. - Sai una cosa, Lucien? - Dimmi. - Quando ti hanno frustato… - Sî? David esitô, quasi vergognandosi. C’erano momenti in cui si scopriva insicurezze e timori che non aveva mai avuto, altri in cui non aveva piû nessun pudore. Fu Lucien a riprendere. - Ti sei divertito un mondo. David sorrise ed annuî, anche se Lucien, che gli dava la schiena, non poteva vederlo. Lucien proseguî: - Scommetto che ti ê venuto duro e poi ti sei fatto una bella sega pensando a me. David scoppiô a ridere. - Esatto! Ma non sai come… - Vediamo, posso indovinare. Immaginando che mi frustavi. - No. Peggio. - Che mi sgozzavi? - Che ti impalavano. - Carino, come pensiero. Io invece mi sono divertito con Mansur. Preferisco i giochi a due, anche se, all’occorrenza, ci si arrangia come si puô. - Mansur? - Il carceriere, quello che mi ha fustigato. Un bel pezzo d’uomo, con un grosso cazzo e molta energia. Il pensiero di Mansur che inculava Lucien gli seccô la gola. Non aveva mai posseduto Lucien, anche se la bocca di Lucien lo aveva portato al piacere, piû volte, ed aveva accolto il suo seme. - Ma non eri a pezzi?! Voglio dire, dopo le frustate… - Dopo le frustate ce l’avevo duro come il pugnale dello sceicco. Niente di meglio di qualche frustata per stimolare un po’… David deglutî, senza riuscire a formulare il pensiero che si affacciava alla sua testa. Ma lo stesso pensiero doveva essere entrato nella testa di Lucien, che si voltô e lo guardô. - Direi che adesso ti faccio provare. Forse, se l’uccello di Lucien non fosse stato cosî voluminoso e rigido, se i peli del suo ventre non fossero stati cosî rigogliosi, se la sua barba non fosse stata cosî nera, se i suoi occhi non fossero stati cosî scuri, forse, David avrebbe cercato di reagire, di dire no. Ma Lucien non aveva fatto una domanda e David non aveva voce per dire un no. David non aveva nessuna intenzione di dire no. Mentre Lucien gli legava le mani, David lo fissava. Il sorriso di Lucien lo rasserenava, teneva a bada la vaga inquietudine che serpeggiava in lui. Lucien lo fece stendere con il torace ed il ventre sul letto, le ginocchia a terra. Ci fu un lungo momento di attesa, poi Lucien avvicinô al viso di David la cinghia. David la guardô, pensô che quella cinghia si sarebbe abbattuta sulla sua carne, ferendola. Non aveva paura, o forse, piû semplicemente, la paura era meno forte del desiderio che incominciava ad ardere. Il primo colpo fu appena una carezza ruvida sul culo. Il secondo, sulla schiena, fu anch’esso leggero. David si rese conto che il suo uccello era già in tiro. Il terzo colpo, al culo, fu una sferzata che gli strappô un gemito, quasi un urlo. Si pentî subito di non aver trattenuto il lamento, ma si era abbandonato completamente a quel nuovo gioco, senza pensare a controllare le reazioni del proprio corpo. - Ti pensavo piû resistente. Le parole di Lucien pungolarono il suo orgoglio. Lucien aveva ragione, lungo quella strada su cui ora si avventuravano, l’autocontrollo era essenziale. Parlô con voce ferma: - Ogni volta che gemo, dammene due in piû. Mentre lo diceva sentî il suo desiderio irrigidirsi fino al limite. Le due sferzate successive furono forse ancora piû violente e gli incendiarono il culo, ma David non emise nessun suono. Se l’avesse fatto, sarebbe stato per il piacere che quel bruciore al culo gli trasmetteva. Ancora due colpi leggeri sulla schiena, che solleticarono appena la pelle. David avrebbe voluto chiedere colpi piû forti, ma non era lui a condurre il gioco: doveva solo obbedire. Qualche altro colpo piû deciso sul culo, che ormai ardeva, moltiplicarono dolore e piacere. Poi, improvviso, inatteso, o forse previsto e desiderato con ansia, il grande uccello di Lucien forzô l’ingresso, mentre le mani di Lucien irritavano le ferite. Quasi immediatamente David sentî il seme di Lucien che si spandeva dentro di lui: Lucien era entrato quando ormai non era piû in grado di reggere. Neanche David era piû in grado di reggere. Sentî la mano sinistra di Lucien che percorreva i segni delle frustate sul suo culo, rinnovando il dolore. E la destra di Lucien che scorreva lungo la sua asta, tesa allo spasimo. Un piacere che sembrava salire dal dolore, fondersi con esso, annullarlo, moltiplicarlo, lo abbatté, mentre le mani di Lucien raccoglievano il seme e poi, con dolcezza e violenza, lo spargevano sul suo viso, sulle sue labbra. Ed ancora le mani di Lucien, che scioglievano le corde e le braccia di David, che lo guidavano a rintanarsi nel nido caldo costituito da quel corpo.

*

In piedi nella cabina, le mani legate dietro la schiena, gli occhi bendati, un bavaglio in bocca, Lucien sapeva che era giunto il suo turno. David glielo aveva chiesto e Lucien aveva accettato di mettersi del tutto nelle sue mani. Era un rischio, Lucien ne era consapevole, assai piû grosso di quello che David aveva corso affidandosi a lui. Perché Lucien conosceva i propri desideri e la propria forza, i limiti del piacere e del dolore. David invece stava scoprendo un mondo nuovo. Lucien non sapeva se il ragazzo sarebbe stato in grado di fermarsi al momento giusto, se il gioco non l’avrebbe trascinato oltre il limite. Ma non gli importava. Poteva sopportare una buona quantità di dolore. Ed in quel momento il piacere di David era piû importante del proprio. Le mani di David, che percorrevano il suo corpo, strizzandogli i capezzoli, tirandogli i peli, pizzicandogli il culo, erano solo un assaggio, nulla di piû di quanto avevano fatto infinite volte. Il gioco sarebbe stato un altro. Ci fu un momento di pausa. Ora stava per incominciare il gioco vero e proprio. Quando sentî nell’aria il fumo del sigaro, capî immediatamente le intenzioni di David. Per un attimo si tese. Il gioco poteva essere molto pericoloso. La punta incandescente di un sigaro ustiona e, se applicata nei punti sbagliati, puô essere devastante. Eppure Lucien non sarebbe voluto tornare indietro. Ed aveva fiducia in David: il ragazzo era inesperto nei giochi amorosi tra uomini, ed in particolare in quelli in cui il confine tra piacere e dolore ê molto sottile, ma sapeva quello che faceva. Si rilassô. David non aveva nessuna intenzione di ferirlo a morte. Sicuramente voleva fargli male, sicuramente avrebbe goduto nel fargli male, come lui aveva goduto a frustarlo, ma entro certi limiti. Ed il pensiero che David gli avrebbe inferto dolore, destô il suo desiderio. Desiderio di quel dolore, desiderio di nuovi piaceri. Dentro di lui, una voce gli diceva che, qualunque limite David avesse fissato, per lui sarebbe andato bene, anche se il limite fosse stata la morte. - Potrei spegnertelo su un capezzolo. La carezza ardente tra i peli del torace fu molto leggera, ma era solo un assaggio. Quando la carezza scese verso il ventre, nuovamente Lucien si tese. Ma anche il suo uccello si tese, ancora di piû. - Oppure anche sul cazzo, sulla cappella, magari ê la volta che abbassa la testa. Neppure quelle parole riuscirono a frenare l’erezione, né il dolore, leggero, come leggera era stata la pressione, che avvertî al ventre, di fianco all’asta tesa, dove David aveva avvicinato di piû il sigaro alla pelle. Una prima, piccola, bruciatura. Il sigaro passava sul suo culo e la punta si avvicinô ancora, una piccola linea di fuoco che percorreva la pelle, un solletico, piû che un dolore. - Oppure nel buco del culo, magari spingendo dentro. La punta indugiô un attimo nell’incavo tra le natiche e Lucien ebbe un leggero sussulto quando si avvicinô nuovamente, lasciando un altro segno dove l’incavo iniziava. Una bruciatura leggera, appena appena dolorosa. Ma il gioco non era finito. Il gioco era appena incominciato. Per un momento non ci fu nessun contatto, poi Lucien avvertî nuovamente il calore, questa volta al collo. Le braccia di David lo strinsero in quel momento ed un’ondata di piacere lo avvolse. - Anche sui coglioni, ê un buon punto. La punta del sigaro si avvicinô molto, tanto da lasciare nuovamente un segno e questa volta il dolore fu reale, concreto: anche se il tocco era stato leggero, la sensibilità della pelle aveva moltiplicato la sofferenza. Lucien cercô di controllarsi. Aveva scelto di abbandonarsi nelle mani di David. E la sua resa era totale. Non avrebbe fermato David. Sentiva contro il suo culo lo sperone di David, pronto all’uso. Aveva previsto anche questo e sapeva che doveva accadere, desiderava che accadesse. E non solo per il piacere fisico che questo gli avrebbe procurato, ma perché voleva che David si impadronisse del suo corpo. David si staccô da lui, poi Lucien sentî una mano che premeva sulla sua schiena e lo forzava ad avanzare. Fece due passi. Ora sapeva di avere di fronte il letto, David lo spinse e Lucien si ritrovô disteso a pancia in giû sul letto, come David lo era stato qualche giorno prima. Pensô che David sarebbe entrato con violenza, ma avvertî la pressione, leggera, che solo molto lentamente diventava piû decisa. Solo alla fine, quando il getto di David proruppe, inondandogli le viscere, ed il suo incominciô a spargersi sul letto, Lucien sentî la bruciatura del sigaro che per un attimo si appoggiava, questa volta fino in fondo, sulla sua natica destra. Per tutta la vita avrebbe conservato quella piccola cicatrice. *

Erano ormai alla fine del viaggio: a Londra sarebbero arrivati entro poche ore. I loro giochi erano proseguiti per tutto il tempo, senza che nessuno dei due si sentisse sazio. Avevano imparato a prendere le misure dei loro desideri e dei loro eccessi ed i giochi erano divenuti piû intensi, a volte piû violenti, a volte piû teneri, sempre piû intimi. Non era solo una questione di affiatamento dei loro corpi. David sentiva che c’era altro, qualche cosa che lo spaventava. Ma di questo non parlavano. Parlavano del loro passato, raccontandosi frammenti di vita e lasciando nel buio ciô che non volevano dire. Non parlavano mai del futuro. David si decise ad interrogare Lucien. Era l’unico che poteva fornirgli il tassello mancante per ricostruire il furto del pugnale. Non stette a girarci intorno, né a raccontargli tutto quello che aveva compreso. Lucien era troppo intelligente per non capire subito quanto lui aveva intuito e quanto voleva sapere. - Ma dimmi, come hai fatto ad entrare nella camera del tesoro? Senza dubbio con la complicità del carceriere, ma la camera ê perennemente sorvegliata. - Vediamo se indovini. - Qualche passaggio segreto? - Esatto. - Chi te lo ha fatto conoscere? - Il signor Adrien Laverbêne. - E chi sarebbe costui? - L’architetto che costruî il palazzo. - Ma quel palazzo ha quattro secoli! - Sî, ed i progetti del palazzo sono conservati in un archivio di Nantes, dove l’architetto Laverbêne li depositô e dove l’architetto Saint-Just li ha consultati. - Tu sei architetto come io sono un angelo. Lucien lo strinse forte. - Esatto, mio caro diavoletto, ma un documento falso per consultare antichi progetti non ê difficile ottenerlo. E non devo spiegarlo a te, anche se tu i documenti falsi li ottieni gratis. - Ma se questa seconda volta il furto fosse stato scoperto prima della tua partenza… Io… - Sî, tu avresti fatto il tuo dovere, avresti cercato di recuperare il pugnale e, se necessario, mi avresti denunciato. Il rischio era grosso. Ma quel pugnale viene tolto dalla camera del tesoro solo in rare occasioni. Solo per una serie di circostanze sfortunate la volta scorsa non riuscii a partire prima che il furto venisse scoperto. Colpa soprattutto di quella testa di cazzo di Omar. Perciô questa volta ho provveduto a rubare il pugnale subito prima della partenza della nave. David non chiese piû nulla. Ormai era tutto chiaro ed i dettagli non avevano importanza. Non sapeva se Lucien aveva avuto prima l’idea di rubare il pugnale e poi aveva cercato i piani del castello o se, piû facilmente, qualcuno gli aveva parlato di quel castello costruito da un architetto francese e partendo di lî, Lucien aveva organizzato il piano. Partire cosî, senza nessuna certezza che il palazzo non fosse stato modificato nel corso dei secoli, era alquanto azzardato, ma rientrava nel carattere di Lucien. E David, razionale ed attento a soppesare i pro ed i contro, apprezzava Lucien anche per questo. Oltre che per quello che aveva tra le gambe (e per come sapeva usarlo) e per quello che aveva tra le natiche e per vari altri dettagli…

*

Dopo aver raccolto il suo ridotto bagaglio, Lucien guardô David che dormiva. Sapeva benissimo che la cosa piû assennata sarebbe stata scomparire per sempre. Una relazione con David, un agente dei servizi segreti, per lui, che con i servizi segreti aveva diversi conti in sospeso, era una follia. Una relazione con David, con un uomo (perché di ragazzo David aveva solo l’età anagrafica) cosî diverso da lui, con una volontà di ferro ed un’intelligenza fenomenale, sarebbe stata difficilissima. Lucien sapeva che avrebbe dovuto comportarsi in modo responsabile e dare un taglio. Quella era la scelta piû ragionevole, anche se non era quella che gli suggerivano né il suo corpo (che rare volte Lucien costringeva ad ubbidire), né il suo cuore (che Lucien non forzava mai). E tutto si poteva dire di Lucien, ma non che fosse assennato.

* David si svegliô con un senso di pesantezza alla testa ed una sensazione strana, che per un buon momento rimase indefinita. Poi, di colpo, comprese: la nave era praticamente immobile, non c’era piû rollio: doveva essere in porto. Erano arrivati a Londra. E Lucien non era con lui. Si alzô di scatto e controllô in bagno e nel locale attiguo. Nulla. Anche il bagaglio di Lucien era scomparso. Avvertî un senso di vuoto, un dolore sordo, che cercô di ricacciare. Lucien se n’era andato ed il sonno profondo in cui era caduto qualche ora prima non era certamente un sonno naturale, ma l’effetto di qualche narcotico che Lucien gli aveva somministrato. Lucien aveva voluto assicurarsi che lui non gli impedisse di scendere a terra e scomparire con il pugnale: voleva essere sicuro che David non gli rendesse la pariglia. Ma era assurdo! Fin dai primi giorni di viaggio, David aveva perso ogni interesse per il pugnale. Eppure Lucien non si era fidato di lui. O forse, piû semplicemente, aveva preferito evitare gli addii. A quel pensiero, un senso di vuoto lo avvolse. Meccanicamente si mise a sistemare il bagaglio, un gusto amaro in bocca, un senso di spossatezza. Solo quando aprî l’armadio vide la busta posata sulla vestaglia. Il cuore diede un tuffo e le dita gli sembrarono troppo lente e maldestre nell’estrarre il foglio.

Devo consegnare ad un amico il souvenir che ho portato da Abu Hadar, mi ci vorrà qualche giorno. Passerô a trovarti una di queste sere. 6, Edmonton Street, no? L.

Come Lucien fosse riuscito a scoprire il suo indirizzo, David non lo sapeva, anche se poteva formulare qualche ipotesi. Comunque, non aveva nessuna importanza. Sapeva che una delle prossime sere, ritornando a casa, avrebbe trovato Lucien seduto in poltrona, ad ascoltare la sua radio, e magari con il suo accappatoio (gli sarebbe stato stretto), dopo aver preso un bel bagno nella sua vasca: perché che Lucien suonasse il campanello mentre lui era in casa ed aspettasse che gli venisse aperta la porta, non se ne parlava neanche. Avrebbe fatto bene a comprargli un bell’accappatoio, della misura giusta, magari con una L ricamata sopra, ed a lasciarglielo in bagno. Sperava proprio che Lucien avesse spesso occasione di usarlo.

Sito di Ferdinando Neri: http://xoomer.alice.it/ferdinandoneri

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Glenn cammina svogliato per le strade della cittadina. Guarda indifferente la gente seduta a mangiare nei ristoranti. Già, ê ora di cena. Ma Glenn non ha fame. Passa davanti ad un MacDonald’s e l’odore gli dà fastidio. Anche lî ê pieno di gente che mangia. Glenn si ferma un momento a guardare dentro. Le famigliole felici che masticano avidamente i loro hamburger gli sembrano caricature oscene.

Il grizzly - Parte II

- Un poliziotto con la tua esperienza non fa fatica a trovare un altro lavoro. Ad esempio qui cerchiamo da tempo un poliziotto che sia in grado di gestire anche i problemi con i minori. C’ê una situazione complessa, che non sto a spiegarti. Io non sono all’altezza. Certo dipende dai legami che hai, se vuoi cambiare stato. - Non ho nessuno in Oregon e piû mi allontano, meglio ê. - Allora

Il Regalo di Compleanno

Il regalo di compleanno ovvero Le disavventure di Ferdinando Neri (quello sbagliato) Uno scherzo in rosso di Ferdinando Neri da un’idea di Monica B. - E lui mi dice: “Ma sei fuori di testa? A me piacciono le donne!” Ed io gli rispondo: “Non l’hai mai fatto con un uomo?”. E quello: “Figurati, io?!”. “Beh, non sai che cosa ti sei perso, amico. Ma non ê troppo tardi per rimediare.” Lui rimane

Il regalo di compleanno - Parte II

Un libro erotico ê un libro erotico, insomma, non si scrive un libro erotico. Evidente, no? - Pietro, io non leggo nemmeno libri erotici, figurati scriverli! Semplice, chiaro, perfetto! Ferdinando era proprio contento di essersela cavata in modo cosî brillante. - Non leggi libri erotici? Nemmeno uno ogni tanto? Tanto per stuzzicare l’appetito… - No. Ferdinando non sapeva come

L'apprendista

Fino a dieci anni vissi a casa di mastro Rocco, il fabbro. Ad allevarmi furono suo figlio Giovanni e la moglie Chiara. Non ero loro figlio: ero stato lasciato sulla soglia dell’abitazione in una notte d’autunno, avvolto in una coperta. Non mi avevano raccolto solo per pietà, come intuii da alcuni loro discorsi: in qualche modo ero anch’io parte di quella famiglia ed infatti c’era una certa

L'apprendista - Parte II

Luca lasciô al mio corpo il tempo di adattarsi a quell’intruso benvoluto, poi prese a spingere, sempre delicatamente, ed il suo movimento continuô a lungo, tanto a lungo da stordirmi. Le spinte diventavano piû energiche ed io, senza quasi rendermene conto, gemevo, ma gemevo di piacere puro. Luca penetrava a fondo e si ritirava, in un continuo avanti ed indietro. Ad un certo punto la tensione

L'ispettore paga il conto

Prima dell’incrocio rallento e controllo la situazione. Nessuno dietro di me, nessuno nella direzione opposta. Bene. Svolto nella stradina secondaria e percorro i due chilometri che mi separano dal bivio per la cascina. Passo oltre senza rallentare, mentre lancio un’occhiata verso l’edificio, lontano neppure cinquanta metri. Una finestra ê illuminata, una luce fioca. L’ispettore Marcello

Missione ad Abu Hadar

Lucien guardava la pista davanti a sé. Stavano salendo ed entro un’ora sarebbero giunti al passo. Di lî la discesa fino ad Al-Khatam, la capitale, avrebbe richiesto solo una mezz’ora. Aveva meno di due ore da vivere. No, non era cosî. Sarebbe stato meglio, se fosse stato cosî: ammazzato immediatamente, con una pallottola alla testa. Quello che lo aspettava era peggio, molto peggio. Conosceva

Missione ad Abu Hadar - part II

La pressione della lama sul collo di David aumentô leggermente, poi diminuî e David annuî. Allora la mano che gli chiudeva la bocca si allontanô. David abbassô lo sguardo sul pugnale e, benché la mano celasse una parte dell’elsa, ammirô il raffinato lavoro dell’orafo ed i due grandi rubini che costituivano gli occhi dell’animale favoloso. Non si stupî di vedere il pugnale in mano a Lucien, si

Un porcorso fuori percorso

- Potresti almeno evitare questo linguaggio da caserma. Massimo Aliotti apre la bocca per replicare, ma uno sguardo supplichevole della moglie lo blocca. Bofonchia qualche cosa e tace, mentre la rabbia per l’osservazione del figlio lascia il posto alla frustrazione. Che cosa ha detto? Che cosa cazzo ha detto perché suo figlio lo debba rimproverare per il linguaggio che usa? Sarà libero di

Un porcoso fuori percorso - Parte II

Enrico lascia che la sua lingua riceva la carezza di un’altra lingua, Enrico penserebbe, se osasse pensare, che il piscio non ha poi un gusto ed un odore cattivi, no, per niente, varrebbe la pena di assaggiare meglio, non sembra mica male, ma tutto questo Enrico non lo pensa, perché l’ha già pensato. - Prima che arrivi la sera, avrai imparato un sacco di cose, maialino. “Prima che arrivi la

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Web-01: vampire_2.0.3.07
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