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Orso di Montagna (Parte Prima)

by Menadi@katamail.com


L'orso di montagna Sono nato e cresciuto in un paesino radicato sul pendio di una stretta valle nel Trentino. E' un posto noto ai turisti come agli abitanti delle vicine vallate per i boschi che lo circondano e per le alte montagne ricoperte dai ghiacciai dove si scia tutto l'anno, o quasi. Non è certo facile per un giovane frocio come me crescere in un posto del genere con la mentalità chiusa dei miei compaesani che non mi consente di vivere apertamente la mia sessualità. Certo che ho avuto anch'io dei momenti di puro godimento. Qualche tempo fa, ad esempio, a causa di un temporale molto forte e prolungato, la principale strada asfaltata del luogo franò miseramente in più punti creando non pochi disagi alla circolazione. L'incomodo era soprattutto per i turisti che dovevano raggiungere le zone d’onde partono i sentieri montani e le piste. Mandarono quasi subito da Trento una squadra di rinforzo per riparare i danni. Molti degli operai "aggiustastrade"si fermavano la sera fino a tardi all'albergo-ristorante-bar che la mia famiglia gestisce: i miei genitori e mia cognata Rosa si occupano dell'albergo e del ristorante, Giorgio, il mio fratello maggiore sta dietro il bancone del bar e io sono il jolly che aiuta dove può. Teniamo aperto fino a notte inoltrata, attardandoci comunque più degli altri locali della zona. Io, dopo aver finito di aiutare in cucina, sostituisco di solito Giorgio al banco del bar, mentre lui inizia a mettere a posto i tavoli vuoti, a ripulire qua e là e a fare i conti. E' questo il momento della giornata che mi piace di più, poco da lavorare e la possibilità di ammirare, senza espormi troppo, tutta la fauna maschile che entra nel locale. Per fauna io intendo soprattutto quella degli orsacchiotti. Un tripudio di omoni pelosi, di tutti i colori: biondi, mori e rossi; ma anche di tutte le forme, alti, bassi e soprattutto panciuti. Così alla fine di quell'estate vidi Maurizio, uno dei membri della squadra dell'A.N.A.S.. Era incredibilmente arrapante. Muscoloso, anzi massiccio, alto, con gli occhi verdi maculati da pagliuzze gialle, i capelli rosso scuro, e peli rossicci che gli uscivano da tutte le parti, dalla camicia aperta, dai polsini; e poi sulle mani e in faccia: aveva due baffoni con pizzetto, non di quelli curati in punta di rasoio ma arruffati e folti, che nascondevano un sorriso da sciupafemmine incallito: solo che sorrideva a me. Era l'incarnazione delle mie fantasie da segaiolo perché solo di seghe ero vissuto, o meglio sopravvissuto fino a quel momento. In ogni caso quel bel pezzo di manzo mi faceva sbavare dalla voglia e quando dico voglia non sto parlando di nutella. Ero contento di stare a servire dietro il banco perché altrimenti tutti avrebbero potuto vedere il perenne bozzo che mi cresceva nei pantaloni ogni volta che quel gran cazzone "aggiustaponti" era nella saletta del bar. L'ultima sera in cui la squadra si trattenne in paese ero al mio solito posto a servire spume e aperitivi, qualche quarto di vino scadente e pochi liquori. Era quasi l'ora di chiusura, ormai tutti i vecchietti che vengono a giocare a briscola se n'erano andati da un pezzo; erano rimasti solo alcuni uomini della squadra dell'A.N.A.S ed anche il mio maschio "sogno o son desto". Quando si avvicinò al banco per pagare la consumazione gettai alle ortiche tutta la mia timidezza e cercai di attaccare bottone con lui parlando del più e del meno. Gli chiesi se si era trovato bene qui da noi, se aveva fatto qualche conoscenza e così via. Lui mi rispose che il posto era molto bello, la gente accogliente e, con un ghigno di complicità cameratesca che mascherava sicuramente desiderio, mi disse che "di chiavare neanche a parlarne". Avvampai imbarazzato cercando di sorridergli anch'io e ammutolii. Meno male che quello zuccone di mio fratello, visto che tutti gli altri se n'erano andati a dormire intervenne per mettere in chiusura, dicendo poi che avrebbe accompagnato Maurizio al suo alloggio e me a casa. Mio fratello mi accompagnava sempre a casa dopo il lavoro, perché i miei e Rosa rimanevano all'albergo per alzarsi presto la mattina. Mi piace risvegliarmi in una casa che si possa chiamare con quel nome, e non in un posto dove tutti vanno e vengono. Anche d'inverno, quando l'albergo era aperto e la neve era alta, io volevo tornare a casa e costringevo a rimanere con me anche il mio fratellone. Mi piaceva da matti svegliarmi al mattino, nel letto dei miei, con i vetri appannati dal freddo, il vento che fischiava forte giù per il camino, e il corpo caldo di lui che ronfava accanto a me. Lo scrutavo, lo mangiavo con gli occhi, un po' ne ero innamorato. Dopo tutto era il primo uomo che avevo visto col bigolo di fuori. Ma non perdiamoci in particolari. Partiti che fummo,mentre stavamo percorrendo la statale, con mia grande sorpresa Maurizio mi mise una mano sulla coscia e disse, nonostante la presenza di mio fratello al volante, che se avessi voluto fare una bella scopata avrei dovuto cogliere l'occasione di quell’ultima sera: subito o mai più. Io rimasi allibito, incredulo, spaventato. Come si permetteva di porre in atto un simile approccio proprio li di fronte a mio fratello? Ma fu proprio il mio caro fratellone che mi sorprese di più e risolse la situazione dicendo: "Cazzo, è più di una settimana che sbavi dietro a Maurizio, ormai di seghe te ne sarai fatte anche abbastanza: che cosa aspetti a saltargli in collo?" Non sapevo se essere più sorpreso, offeso o contento; se rimanere esterrefatto e negare o lasciarmi trasportare dagli eventi. Trovai comunque il fiato per dire una frase banale: "ma io non sono frocio…". Mio fratello frenò bruscamente ed accostò la macchina ad una piazzola di sosta lungo la strada. Poi si girò verso di me e ridendo sotto i suoi baffoni neri sentenziò: " Mario, smetti di fare il rompicazzo e la verginella bigotta: sono anni, da quando eravamo ragazzini, che mi spii mentre faccio il bagno nudo, non perdi occasione per guardarmi l'uccello, mi accarezzi quando dormo, mi rubi le mutande per fartici le seghe sopra. Sono sposato, ma mica rincoglionito: c'ài un cazzo nei pantaloni che fa concorrenza alla cima Presanella per quanto è dritto. Ora hai l'occasione giusta per fare un po’ di movimento e io non mi voglio perdere lo spettacolo… anzi voglio fare anche la comparsa; cosa credi che abbia portato Maurizio in macchina per caso?… " E il suo ghigno la diceva lunga sugli accordi che i due maialoni avevano preso per quella sera. "Basta, con queste spiegazioni del cazzo" tuonò Maurizio " ho voglia di scopare!" E senza aggiungere verbo mi prese per il collo spingendo la sua bocca contro la mia e premendo con la linguona tra le mie labbra ancora incredule. Intanto mio fratello riprese a guidare, ma ci controllava dallo specchietto e si aggiustava ogni tanto il pacco fra le cosce. Maurizio esplorava con la sua lingua ogni centimetro della bocca. E io facevo del mio meglio per duellare con quella. Gustavo nel suo palato il forte dell'alcol e del tabacco che aveva consumato durante la serata, mentre i suoi baffoni mi facevano il solletico alle gengive. Mi feci ardito e iniziai a palpargli il petto da sopra la camicia; lui si staccò dalla bocca e mi leccò il collo, mi mordicchiò le orecchie. Intanto, eravamo giunti a casa nostra, che si trova piuttosto distante dal paese. Mio fratello, imboccata la breve salita che finisce proprio davanti al cancello, si fermò e scese dall'auto per risalire dietro con noi. Sentii subito la sua mano che mi agguantava il culo, un respiro sul collo e un bisbiglio nelle orecchie: "Mio piccolo fratellino succhiacazzi vedrai che stanotte non ti facciamo dormire." Mentre i peli dei suoi baffi mi pungevano le orecchie ebbi appena la forza di rispondergli: "Oh Giorgio… non sai da quanto… " Maurizio intanto aveva aperto la portiera e mi stava trascinando fuori, io lo seguii perché non volevo sbattere col muso per terra. Mi strattonò per un braccio e mi fece cadere con la schiena sull'erba di in un prato vicino alla casa. Poi mi montò sopra; continuando a limonare e dando dei colpetti con i fianchi mi faceva sentire il suo cazzo, ormai di cemento, contro il basso ventre. Giorgio si era messo comodo vicino a noi con il cazzo di fuori e se lo menava. Maurizio senza dire nulla si staccò da me, si alzò in piedi, si tolse i pantaloni; mentre li calava troneggiava su di me lo scettro lungo, nodoso e lucido di mio fratello. Poi si accucciò, si mise a cavallo della mia faccia e prendendomi la testa fra le mani m'intimò di succhiarlo. E io cosa potevo fare? Iniziai a leccare per tutta la lunghezza quell'enorme cazzo che s’ingrossava all'infinito, così mi pareva, al passaggio della lingua; poi mi avventai sulla cappella che oramai colava liquido trasparente. Maurizio cominciò a gemere e Giorgio, massaggiandosi la nerchia davanti al bello spettacolino che stavamo dando, mi sussurrava addosso frasi sconnesse e richieste sconce: "Vuoi anche il mio di cazzo Mario? Ti va di succhiarmi? Dai, continua a pompare che poi te lo sbatto in gola anch'io? Lo senti che pompa che ti sta facendo? "- disse poi rivolto a Maurizio, che mi forzava ancora di più il cazzo in gola. " Dai cazzone" continuava ad incitarlo mio fratello "fammi vedere come sborri bene...allagagli la bocca a questa troia!" Sentivo che le parole di Giorgio stavano facendo effetto, il cazzo di Maurizio era ormai un pistone che si muoveva a pieno ritmo A me faceva male tutto: la gola, la bocca, la schiena ma soprattutto il cazzo. Non potevo toccarmi bloccato sotto il peso di quel toro da monta di Maurizio, e il mio birillo era divenuto grosso e duro solo a sentire l'odore delle cosce sudate del maschio sopra di me e la carezza dei peli bagnati sul mio viso. Se poi aggiungiamo che quello era il mio primo pompino, che il gusto dolce-amaro che avevo in bocca era di un cazzo bollente, che mio fratello, il maritino fedele, mi guardava e mi incitava, beh se vogliamo considerare tutto questo c’è da credere che i miei poveri coglioni stessero accumulando sborra da inondare tutta la provincia autonoma. Ma chi ruppe le acque per primo fu Maurizio, che con un barrito estrasse il suo palo dalla mia gola e spruzzò, innaffiò, inseminò tutto: il viso, il collo e le sue cosce con una inondazione che mi sembrò durare un'eternità. Ci mancò poco che affogassi. Ma la cosa più sconvolgente la fece mio fratello, che ammutolito di fronte a tutto quel ben di dio si abbassò sulla mia faccia e iniziò a sleccazzarmi il collo e il mento. Io quasi morivo per il solletico: ah quei baffi, avrei voluto mangiarli da tempo! Mi passava la lingua intorno alle labbra per poi affondarla senza più pudore nella bocca e giù nella gola, ormai sverginata e rotta al piacere. Due to international translation technology this story may contain spelling or grammatical errors. To the best of our knowledge it meets our guidelines. If there are any concerns please e-mail us at: CustomerService@MenontheNet

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L'orso di Montagna (Seconda Parte)

L'orso di montagna (parte seconda). Il bacio del mio fratellone mi stava completamente annebbiando il cervello. Non vedevo né sentivo più nulla, solo di scorcio il suo viso contro il mio. Non avevo chiuso gli occhi per essere presente con tutti i miei sensi a quell'evento; avevo anche drizzato le orecchie per avvertire lo schiocco tenue della sua lingua che si annodava alla mia.

Orso di Montagna (Parte Prima)

L'orso di montagna Sono nato e cresciuto in un paesino radicato sul pendio di una stretta valle nel Trentino. E' un posto noto ai turisti come agli abitanti delle vicine vallate per i boschi che lo circondano e per le alte montagne ricoperte dai ghiacciai dove si scia tutto l'anno, o quasi. Non è certo facile per un giovane frocio come me crescere in un posto del genere con la

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Web-01: vampire_2.0.3.07
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