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REMINISCENZE EROTICHE DI UN OTTUAGENARIO

by Bengas


“REMINESCENZE EROTICHE DI UN OTTUAGENARIO”

Inizio a scrivere queste note, sullo stimolo emotivo generato dalla lettura su un sito internet, delle “PRIME ESPERIENZE SESSUALI DI UN RAGAZZO”. Leggendo avidamente quel racconto, sono riaffiorate prepotentemente nella mia mente alcuni episodi vissuti durante la mia infanzia. Mi riferisco a circa settant’anni or sono, quando bambino, mi accingevo unitamente ai miei coetanei, all’esplorazione della nostra sensualità, tentando di scoprire avidamente i nostri primi impulsi erotici, scaturenti spesso da racconti di cose ascoltate furtivamente dalle conversazioni di altri ragazzi molto più grandi di noi. Allora non eravamo così fortunati, come lo sono i nostri nipotini oggi, che su Internet, che sfogliano pagina dopo pagina, come fosse un libro aperto, hanno la possibilità di leggere, vedere, e conoscere cose riferite al sesso, che noi in quegli anni precedenti l’ultima guerra, non ci sognavamo nemmeno che esistessero. I nostri genitori ci tenevano all’oscuro di qualsiasi cosa si riferisse al sesso e le pratiche della masturbazione erano considerate sacrileghe. Sentivamo dire che potevamo diventare ciechi, oppure tubercolosi! Non c’erano giornaletti erotici, né altri che potevano soddisfare le nostre nascenti curiosità. Le nostre uniche letture, erano orientate verso i giornaletti a fumetti: l’Avventuroso, Rin Tin Tin, Mandrake o Cino e Franco e le uniche visioni di donne un po’ discinte, facevano riferimento ai film di Tarzan, il muscoloso Johnny Weissmuller, che abbracciato alla sua biondissima Jane, volteggiava tra gli alberi della giungla, mentre le uniche immagini di donne totalmente discinte potevamo ammirarle una sola volta in un anno e precisamente per le feste natalizie, quando il barbiere, sotto casa, distribuiva ai propri clienti il profumatissimo piccolo calendario tascabile, con le dodici donnine prosperose, una per ogni mese, in varie pose discinte, ma sempre parzialmente coperte, nei punti essenziali, da un trasparente velo che ci inibiva di goderci lo spettacolo. Calendario che il più fortunato di noi, riusciva a procurarsi, magari sottraendolo dal portafogli paterno, dove era amorevolmente custodito, per poi farcelo vedere, a turno, durante le serali riunioni, nella villetta comunale, vicino casa. E durante quelle lunghe riunioni serali, in cui parlavamo e ridevamo ammiccando, su ogni cosa che riguardasse il sesso, scoprivamo la nostra propensione orientata a conoscere meglio la nostra sessualità e sensualità, e così la discussione si orientava spesso sulle fattezze delle donne, che, non avendo altre esperienze, spesso facevano tacito riferimento alle proprie sorelle più grandi, sbirciate quando facevano la doccia, o ad altre viste di soppiatto dai buchi che facevamo nelle cabine di legno sulla spiaggia o sulle dimensioni del nostro piccolo membro, o su quello dei nostri genitori che furtivamente avevamo ammirato, così grosso e turgido, guardandolo dal buco della serratura della porta del bagno di casa. Nasceva così spontanea la curiosità tra noi maschietti, di parlarne spesso di sesso, di confrontarci, di vedere chi fosse il più dotato di noi, di chi avesse il pene più grosso o più lungo, o avesse già i peli sul pube, e scherzando e ridendo anche sguaiatamente, ci mettevamo in cerchio in un angolo poco frequentato e ci sbottonavo la patta dei pantaloncini corti, senza abbassarli. In quegli anni, anteguerra, non esistevano le mutandine chiuse, tipo slip, come si usa oggi, e così ci veniva più facile estrarre dalle mutande di cotone aperte sul davanti, e mettere in esposizione e confronto, i nostri piccoli membri imberbi, lunghi non più quattro o cinque centimetri. Pochi di noi avevano una leggera bionda peluria pubica, e si sentivano più dotati degli altri, ma la vera gara cominciava quando, aiutandoci con il pollice e l’indice della mano, facevamo scorrere indietro la pelle dello stretto prepuzio, per far uscire, il glande, che dopo non pochi tentativi, usciva prepotentemente come un grosso bocciolo rosato, che ci inorgogliva, per la sua imponenza, poiché le manipolazioni preparatorie, lo avevano nel frattempo inturgidito e il nostro membro, finalmente si presentava eretto e trionfante nel suo roseo colore, per il raffronto comparativo. I commenti, gli sghignazzi, i paragoni irridenti si sprecavano e non ci trovavamo mai d’accordo su chi avesse il membro migliore, in tutti i sensi. Ma la nostra intima curiosità esibizionista, nel frattempo, era già stata appagata e così, approfittando che il nostro trofeo si era afflosciato, ci ricomponevamo e ci dedicavamo ad altri discorsi. Quando “il branco”, come lo chiamano oggi, faceva altri proseliti, ripetevamo questo rito saltuariamente. Poi col tempo, il gruppo si disperdeva, si frazionava e si formavano delle coppie che avevano riscontrato di avere affinità di opinione o di attenzioni sessuali complementari. Intenti che trovavano sfogo in masturbazioni singole o reciproche, o imitazioni di atti sessuali di cui si era sentito parlare. Queste esplorazioni della propria sensualità si svolgevano spesso in luoghi appartati delle proprie case, in uno stanzino della soffitta o in una stalla con animali, ma di questo luogo, vi parlerò, forse, in altro tempo. La coppia affiatata di amici, spesso compagni di banco, si riuniva furtivamente, dopo aver fatto i compiti, nei posti in cui potevano svolgere le loro attività, lontano da eventuali persone che potessero sentirli o vederli in atteggiamenti equivoci, poiché per lo scopo, si abbassavano entrambi gli indumenti, che però tenevano sospesi all’altezza delle ginocchia, per precauzione, tenendo allargate le gambe. Ciò dava, loro, una sensazione di sicurezza, e di potersi rialzare velocemente i pantaloncini nel caso avessero udito un rumore sospetto o una voce familiare di richiamo. Iniziavano, così, i loro “innocenti” giochi erotici cominciando, uno di fronte all’altro, a esplorare i loro corpi di adolescenti e il loro piccolo sesso che prendeva forma sotto lo stimolo manuale dell’amico, che nel frattempo si era inginocchiato, davanti. C’era un solido patto tra i due: ciascuno poteva fare all’altro ciò che più stimolava il suo desiderio, sicuro che l’altro potesse fare altrettanto, a sua volta, sempre nel rispetto delle cose possibili, e queste cose, di solito, iniziavano con un maldestro palpeggiamento dei peni. In quei movimenti, ripeto, innocenti, non c’era la malizia o l’abilità che noi abbiamo, poi conosciuto, a vent’anni dalle mani o dalla bocca di una prostituta, l’unica cosa possibile negli anni quaranta. Chi dei due amici, prendeva l’iniziativa, procedeva delicatamente con le dita a spostare indietro il prepuzio del nostro pene, che alla base aveva una mucosa biancastra, soffice e umida che aveva un odore molto intenso ed erotico, che ci faceva piacere ispirare con sensualità dalle nostre dita. Una volta scappellato, il nostro membro veniva maneggiato ripetutamente. Successivamente l’attenzione veniva rivolta ai testicoli e uno di essi veniva aspirato all’interno della bocca e stretto fra le labbra e la lingua, che cominciava a stimolarlo. Infine, il nostro bocciolo roseo, veniva introdotto delicatamente tra le labbra inumidite e socchiuse, mentre la lingua procedeva a titillarlo e succhiarlo maldestramente, Dopo alcuni secondi i due cominciavano istintivamente a muoversi, l’uno col bacino e l’altro con la bocca, mentre le nostre mani orientavano i nostri istinti, appoggiandosi, anzi avvinghiandosi, l’uno sulle natiche dell’altro e questi tra i capelli dell’amico. Erano esperienze e sensazioni molto intense, per la nostra tenera età. Alla fine, come d’accordo, le parti s’invertivano e l’iniziativa era presa dall’altro amichetto, il quale, si poneva faccia a muro, dove appoggiava le mani, e allargando le gambe, si abbassava col torace mettendosi nella classica posizione, “alla pecorina” che noi avevamo già appreso, che esistesse, avendola vista e goduta, per le strade, quando ammiravamo, invidiandola, la frenesia dell’accoppiamento dei cani. Il compagno si poneva, inginocchiato, posteriormente e cominciava le sue operazioni avvicinando alla sua bocca, attirandoli con le due mani, i genitali dell’altro, e li cominciava a baciare, a inumidire, a succhiare e a slinguare. In pratica, ripeteva con poche varianti, ciò che l’altro aveva fatto prima, ma ricevendone emozioni molto diverse e più intense da quelle che lui aveva prima percepito. Quando, sentiva la calda lingua del compagno, che proseguendo il suo corso, si spostava tra i testicoli e l’ano, provava come una scossa elettrica, quando questa leccava quei muscoli tesi come una corda di violino. Alla fine del percorso, la lingua irrigidita e messa a forma di cuneo, cercava di introdursi nel nostro buchetto, che l’amico, allargando i nostri glutei con le due mani, aveva sapientemente avvicinato alla sua bocca, senza però riuscirci. I muscoli dell’ano, infatti, soggiacendo alle sensazioni così intense che percepivano, si ritraevano istintivamente e la lingua non poteva introdursi, dove l’uno o l’altro desiderava. Era giunto, allora, il momento tanto fantasticato o desiderato e si cambiava posizione. L’amico, si ergeva in piedi col suo piccolo membro, già scappellato e avendo abbondantemente inumidito con la saliva, la sua rosea cappella, cercava di introdurla con leggere spinte nel buchetto dell’amico, che però istintivamente ritraeva i muscoli del suo sfintere. Erano attimi di sorpresa, la prima volta e di piacere, in seguito, quando si riusciva entrambi ad abbandonare, l’uno la frenesia della penetrazione e l’altro l’agitazione o il timore di essere penetrato. Quando ci rasserenavamo e i nostri muscoli si estendevano, potevamo godere entrambi della meravigliosa sensazione di penetrare o di essere posseduti, secondo il diletto di ciascuno di noi. Potevamo sentire nel nostro buchetto quel “coso” duro che ci eccitava e che noi cercavamo di bloccare, ritraendo istintivamente i muscoli delle nostre natiche mentre il membro del nostro amico prediletto, dolcemente si muoveva ritmicamente dentro di noi. Sublimi ricordi adolescenziali, che riaffiorano vibranti, nella mia memoria dopo quell’iniziale lettura galeotta e che rivivo descrivendoli, dopo settant’anni, con più godimento ed eccitazione di allora. Quelle erano state esperienze meravigliose, che ci avevano fatto conoscere il nostro corpo, i nostri desideri impellenti di adolescenti, e che ci facevano sentire già, piccoli “uomini”. Il tempo scorreva a nostro favore fortificando il nostro corpo e il nostro sesso, permettendoci di estendere le nostre ricerche e le nostre esperienze verso il sesso femminile, che già cominciavamo a corteggiare e palpeggiare, quando se ne aveva l’occasione. Purtroppo, l’inizio della guerra nel 1940, i bombardamenti, e lo sfollamento dalla città, scompaginarono il nostro magico ambiente di allora. Il “branco” si sciolse e le coppie si persero di vista. Chissà se oggi, con un po’ di fortuna, potranno incontrarsi di nuovo su Facebook, e ricordando e rivivendo le loro esperienze erotiche infantili di allora, magari, ci rideranno sopra, raccontandosi poi, i loro approcci con il sesso maturo che con gli anni, avranno avuto la possibilità di godere. Tanu, Nicola, Ignazio, Aldo, Peppe, Giovanni. DOVE SIETE ?

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REMINISCENZE EROTICHE DI UN OTTUAGENARIO

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